Raffaele Lauro

L' elogio della bontà
Ad un anno dalla scomparsa di mio fratello Aniello,
avvenuta a Lugano il 26 febbraio 2008

 

Agli inizi di questo doloroso anno trascorso, un anno dalla scomparsa di Nello, avvenuta a Lugano il 26 febbraio del 2008, avevo cercato di portare avanti un progetto narrativo, che descrivesse il percorso vitale, affettivo, operativo e creativo, di un fratello adorato, di un fratello speciale, di un uomo non comune; un progetto narrativo, che fissasse, nella parola scritta, le tracce più evidenti di un'esistenza umana, intensa per ricchezza di sentimenti positivi, di affermazioni personali e di umana disponibilità verso gli altri; un progetto narrativo, che potesse risultare di conforto, oltre che a me stesso e ai miei fratelli, Luigi e Giuseppe, principalmente alla moglie Marcella, ai figli Luigi, Marcello, Isa, Fausto e Mathildis, ai nipoti e alle nipoti; un progetto narrativo, che riuscisse a rinverdire il ricordo di Nello nei tanti amici, estimatori e conoscenti, anche autorevoli personalità che, in più di cinquanta di attività alberghiera, culturale e sociale, a Sorrento, a Roma, a Lugano, nella Confederazione Elvetica e a livello internazionale, lo avevano conosciuto, apprezzato ed amato; un progetto narrativo, infine, che ne conservasse la memoria, negli anni a venire, anche presso chi non aveva avuto l'opportunità di incontrarlo.

Su questo progetto narrativo, ho cercato ed ottenuto anche l'avallo di Francesco Cossiga, amico di Nello, che mi aveva promesso una prefazione e dettato il titolo stesso del romanzo : "Suite Cossiga".

Nonostante le notti insonni, questo progetto non si è sinora concretizzato.

Le ragioni di questa difficoltà non stanno nella carenza di ispirazione o dei motivi narrativi. Al contrario l'ampiezza delle potenzialità descrittive, del tutto proporzionate alle mille sfaccettature di una personalità, armonica ed irripetibile, avrebbe imposto, e, certo, imporrà, una rigorosa selezione, una cernita dell'essenziale.

Le ragioni di questo fallimento appartengono alle dimensioni del "cuore" e non della "mente", alle ferite dell'anima.

Il dolore per la perdita dei propri genitori, pur amatissimi, risulta a tutti il più profondo, tuttavia è un dolore naturale, una sofferenza attesa e, per certi versi, plausibile e, di certo, placabile.

Il dolore per la perdita di un fratello, di una persona amata e, ancor più, di un figlio, Ti frantuma l'ordine naturale, Ti spezza il cerchio platonico dell'esistenza, Ti getta nel buio nell'ignoto, Ti abbandona in un territorio inesplorato, Ti mette personalmente in gioco sul mistero della morte.

Allora anche il soccorso della fede religiosa arranca e le domande eterne, le domande sull'esistenza umana, sulla Tua esistenza, restano, inesorabilmente, senza risposta e Ti lasciano, vacillante, sul ciglio del baratro.

In questi mesi mi sono arrestato, vacillante, sul ciglio del baratro e, nell'affollarsi tumultuante e, talvolta, incontrollabile dei sentimenti, non sono riuscito a prendere la distanza dai ricordi, ne sono rimasto sopraffatto, sono naufragato, alla deriva.

Spero che il tempo possa diradare l'angoscia presente e consentirmi di portare a conclusione la bella storia di Nello, nella quale sono costretto a riflettermi "come in uno specchio".

Questa forse è la chiave vera per spiegare la mia difficoltà, perchè, parlando di Lui, dovrei parlare di me stesso, dovrei proiettarmi nel dopo.

Quest'oggi, tuttavia, in questa prima ricorrenza, non ho voluto far mancare, per rispetto di Voi presenti, a cominciare dal caro Don Antonino e dai celebranti, a questa cerimonia di suffragio, per la cui partecipazione Vi ringrazio, con sincero affetto, anche a nome di Marcella e dei figli, alcuni cenni sulla bontà di Nello, un breve elogio della bontà, attraverso squarci della memoria, snodi di quel progetto narrativo che dovrò rendere compiuto.

Parto da un interrogativo. Come nasce l'amore fraterno?

Può bastare il vincolo di sangue, il DNA, a spiegare l'affinità intellettuale e morale, la convergenza degli interessi culturali e quel modo di approcciare la vita con una visione gioiosa, con il sorriso sulle labbra e con l'ascolto degli altri, evitando di cadere nella trappola, sempre tesa, della superbia, evitando di avvitarsi nella spirale dell'egoismo ed evitando, infine, di nutrirsi dell'illusione del potere per alimentare il proprio narcisismo?

Non bastano i “geni” a spiegare, senza fare ricorso alla nostra famiglia, all'esempio dei nostri genitori, alle virtù dei semplici, virtù contadine, scaturenti da una sapida mescolanza tra saggezza popolare, senso dell'onore, pratica dell'onestà, ripudio dell'avidità e ironia sottile verso gli "illusi" del mondo e del possesso dei beni materiali!

Mi era stato sempre chiaro la derivazione del nostro comune patrimonio dalle nostre radici, costruito in mille colloqui e in migliaia di telefonate sulla politica, sulle istituzioni, sull'arte, sugli eventi internazionali e su vicende umane o familiari.

Attendevo sempre, magari all'una di notte, se non più tardi, la telefonata di Nello che mi interrogava e pretendeva dal fratello più piccolo, assonnato e stanco, ma troppo generosamente giudicato risolutore dei suoi dubbi, dei suoi perché, la spiegazione ad hoc.

Ed accettava le mie spiegazioni, sempre tacitiane, talvolta quasi sbrigative, anche quando forse non ne era totalmente convinto, per delicatezza d'animo e per non infrangere il "suo" mito del fratello colto.

Ogni conversazione telefonica notturna aveva, però, sempre due motivi, ricorrenti e conclusivi delle nostre rapide conversazioni.

Primo: il nostro amore, quasi maniacale, per il lavoro, l'etica della responsabilità, il volerci far carico dei problemi, anche altrui, ed operare per una soluzione.

“La colpa è tutta di nostra madre Angela, che non andava mai a dormire senza aver completato il lavare e lo stirare per i cinque uomini in casa, nell'attesa silenziosa dell'ultimo dei figli che rincasava".

Nello faceva questa affermazione senza asprezza, ma, al contrario, con una punta di orgoglio familiare, anche perchè si sentiva, ricambiato, il vero erede di nostra madre.

Secondo: la nostra incapacità, anch'essa di diretta derivazione materna, di opporre un no alle richieste di aiuto, senza mostrare mai una segno di cedimento, anche di fronte a manifestazioni di aperta e sgradevole ingratitudine.

“Dobbiamo aiutare gli altri, senza aspettarci mai niente, il solo pensiero che ci possa essere un ritorno, per noi, da un'opera buona, anche come semplice compiacimento di se stessi e della propria potenza, già rischia di inquinare il nostro operato, già rivela un peccato di superbia".

La “superbia” era la sua parola nemica!

Eppure l’alta considerazione di me, aveva sotteso un permanente e mal celato sentimento di protezione nei confronti della mia persona.

Temeva sempre che qualcuno potesse farmi del male e si diffondeva in mille raccomandazioni sulle mie scelte pubbliche e sulle mie responsabilità istituzionali.

Non mi ero mai chiesto, prima della sua morte, donde originasse questa sua ansia per la mia incolumità, quel sentirsi quasi moralmente responsabile, se mi fosse accaduta un disgrazia o se avessi subito un attentato.

In questi mesi, ho rivalutato un episodio della nostra infanzia che mi ha chiarito l'origine affettiva del nostro amore fraterno.

 

1. La scogliera della Marinella: la nascita dell'amore fraterno

Era un pomeriggio di mezza estate.

Abitavamo in Via Angri a Sant'Agnello. Un acquazzone estivo aveva impedito, di mattina, il nostro bagno di mare alla Marinella.

Il tempo si era rischiarato e divenuto terso, anche se un vento fortissimo dal golfo alimentava onde quasi oceaniche, che si frangevano contro le scogliere di protezione della costa e si distendevano, attenuate nella loro originaria potenza, decorate da repentini e fragili intarsi, spumeggianti d'acqua salmastra, lungo i piccoli arenili sorrentini o nelle ampie grotte marine.

Corso Crawford - Le carrozzelle costruite da Luigi (i cilindri d'acciaio), da Nello (la struttura in legno) e dal cugino Vittorio (la manutenzione) - Le proteste dei “nobili” residenti . Il grasso vigile - La fuga e nelle grotte e sugli scogli - Le mamme accorse - Le grida - Il pericolo - La paura di Nello - Luigi aveva 11 anni, Nello 10 ed io 6!

Il senso di forte protezione nei miei confronti ha origine in quell'episodio.

2. I tigli di Visso: l'inizio dell'avventura professionale

La nostra famiglia con quella di zio Ermanno e zia Maria: una cosa sola! - Il mito dell'albergo e dell'albergatore - Lo studio delle lingue - L'inizio al Carlton con lo zio-padrino, che lo adorava - Poi Roma - Il servizio militare - La mia presenza anticipata a Visso - Silvio Sensi - Visso Park Hôtel - La mia durezza e presunzione dei 17 anni - La tensione con il personale dipendente - Quando arrivò Nello, mi insegnò la mediazione e la tolleranza - Il profumo dei tigli di Visso d'Ussita é rimasto nella mia memoria e il tiglio davanti alla nostra casa a Roma ne è la continuità - L'effetto proustiano.

3. La Madre Angela e il figlio Nello: l'amore materno e filiale

Scherzavamo spesso tra fratelli in famiglia, che Nello fosse il suo pupillo di Mamma - Lei era equanime con tutti noi, ma si sentiva legata a quel figlio così “simile” a Lei per il carattere aperto, gioviale, coinvolgente, colloquiale, interminabilmente colloquiale, mentre Luigi era uguale a mio padre, silenzioso ed ironico, ed io, al contrario, sempre sbrigativo e netto – “Non concedi niente, mi rimproverava mia madre". Solo con Nello riesco a parlare, anche se è lontano, non mi chiude il telefono in faccia, come fai tu!".

Alla morte di mia madre ho scoperto una deposito segreto con centinaia di foto, articoli di riviste e di quotidiani, riconoscimenti rivolti a Nello: tutto quello che Nello le inviava, all'insaputa di noi tutti, Angela collezionava. Aveva un culto maniacale per le testimonianze. Nascondeva tutto, conoscendo la mia mania distruttrice dei riconoscimenti.

Quando Nello venne a Roma, dopo la morte di Angela, e gli mostrai la collezione, ne rimase contento e turbato insieme. Mai visto una corrispondenza così esemplare di amore filiale e materno tra Angela e Nello.

Dalla madre Nello ereditò, quindi, quel calore umano, quella capacità di accoglienza e di dialogo aperto, quell'armonia costante con l'altro da sè, quell'adattarsi a ciascun interlocutore, che costituì uno dei pilastri della “sua” arte di fare l' albergatore. I clienti si sentivano accolti umanamente e trattati come amici di famiglia, non come “polli” da spennare. Il loro ritorno in albergo, accolti da Nello, era come un ritorno nella “loro” casa. E Nello riusciva a fare sentire non solo i presidenti di repubblica o i grandi artisti, ma anche l'ultimo dei cummenda milanesi, come l'ospite di riguardo, l'ospite unico, l'ospite al centro di ogni attenzione e atteso.

Nello restava, anche fino a notte inoltrata, nel suo ufficio allo Splendide, un ufficio ordinatamente caotico, per parlare a telefono con tutti i suoi amici, sparsi per il mondo, in tutte le latitudini e secondo tutti i fusi orari.

La disponibilità a risolvere qualunque problema, per un amico-cliente, si trovasse a Tokio o in Texas, non aveva limiti di tempo, di orario, di luce o di buio.

4. Lugano e la Svizzera: la “nuova patria” amata e il ricordo di Sorrento

La famiglia Gennazzini - L'esordio come Segretario di Direzione fino a Direttore Generale - Il cambio di proprietà e il grande rinnovamento dello Splendide - Albergo da lui reso modernissimo, ma senza perdita di rigore e di stile - La vittoria sulla diffidenza svizzera: un processo luogo - Mi disse un giorno, ripetendo una frase del Barone Godelevski: “E' difficile conquistare la stima e il rispetto in Svizzera, presso l'establishement. Ed anche quando lo hai conquistato, basta un piccolo errore per perdere tutto il credito di stima accumulato!"

Anche lui si sentì, nei primi anni di direzione dello Splendide un osservato. Poi il suo rigore professionale, congiunto a quella esplosiva carica umana vinse anche i pregiudizi antipartenopei e conquistò i vertici politici e finanziari della “nuova patria” .

Nei tanti incontri, anche conviviali, avuti a Lugano, ho registrato questa altissima considerazione presso tutti - Amava la “nuova patria” senza dimenticare la “sua” Sorrento, della quale parlava orgoglioso, in ogni angolo del mondo - Ogni cosa che venisse dalla nostra città, amici in visita, musica, gastronomia o successi del turismo sorrentino, lo trovavano sempre orgoglioso rivendicatore delle “sue” origini - Così lo Splendide divenne progressivamente il centro del sistema delle relazioni del Canton Ticino e crocevia internazionale di molte personalità, anche dei paesi emergenti, come i Principi della casa saudita.

Convegni, Conferenze, Mostre, Concerti, Ricevimenti, Riunioni riservate di club. Ogni occasione era utile ai luganesi per sentirsi, allo Splendide, ospiti del Signor Lauro, al centro del Mondo.

5. Lo Splendide Royal: l’arte dell’ospitalità a livello internazionale

Non ho il tempo per enumerare i riconoscimenti da lui ricevuti a livello internazionale, nel settore dell'ospitalità alberghiera - Eppure chiunque scriveva di lui, come manager o come organizzatore culturale ed, infine, come manager-pittore, parlava sempre del “suo” stile alberghiero come “l’arte dell'ospitalità", un'arte che coniugava la qualità con la creatività, l'efficienza con l'armonia del tutto.

Non ricordo quanti giovani, anche sorrentini, siano passati attraverso la "sua" scuola alberghiera, una scuola di vita e di lavoro!

Non nutriva nessun egoismo, nessuna paura di trasmettere ai giovani quello che sapeva o aveva appreso con l'esperienza. Anzi, ciò lo rendeva vivo e perennemente rinnovato.

Avrebbe voluto che almeno un figlio lo seguisse nella vita d’albergo, ma poi, con me, si consolava, ammettendo che non si potevano imporre a nessuno i sacrifici che quotidianamente faceva.

Ma non se ne lamentava, perchè la vita d'albergo era tutta la sua vita, ecco perchè aveva coinvolto sempre anche Marcella, quando i figli erano divenuti autonomi.

6. La Suite Cossiga: l'ammirazione per l'intelligenza politica

L'amicizia con Cossiga - La Suite Cossiga - L'intelligenza politica e la lucidità “folle” del Presidente emerito lo affascinavano - L'ultima telefonata con il Presidente, alla mia presenza - La telefonata di Cossiga da Lugano, dopo la scomparsa di Nello. Nello seguiva tutta la politica italiana, ora per ora, e attraverso i tanti politici italiani, ospitati allo Splendide.

Di tutte le personalità, conosciute, anche mio tramite, l'affetto per Cossiga era per lui qualcosa di irrinunciabile. Un vero amore intellettuale!

 

7. Il Presidente George Bush: un'amicizia autentica e l'amore per la democrazia americana

Con George Bush senior era stato un vero colpo di fulmine, reciproco, un'amicizia autentica - Bush era innamorato del modo, con il quale Nello parlava della Madre - E la volle conoscere - La cena a casa a Roma - Il segreto di Angela - La parmigiana di melanzane - Il commiato di Bush sulla porta. La risposta di Angela: " Non so, Presidente, se avrò il tempo di aspettare suo figlio, il futuro Presidente!" - Le lettere addolorate del Presidente - Non era solo un fatto personale, empatia e simpatia, ma il segno dell'ammirazione di Nello per la democrazia americana, per quella cultura del fare, del farsi da sè con i sacrifici, del selfmademan. "Se gli europei tradiranno l'America, si perderanno!" soleva sentenziare.

8. Il salotto del Barone Thyssen B.: l'amore per la pittura e per l'arte

La scoperta dell'alta cultura e del collezionismo artistico- Il Barone e la Baronessa Thyssen Bornemisza - I ricevimenti - I calici di vino - La mia visita al Barone, a Villa La Favorita, con Nello e il mio stupore in quel salotto-museo: Picasso, Monet, Pissaro, Dalì, impressionismo, dadaismo, cubismo! L'universo dell'arte del Novecento!
La collezione rinascimentale e quell'ora di dialogo tra me e il Barone di fronte alla quadro del Quercino "Gesù con la buona samaritana" - La profezia del Barone - Nello pittore e la Mostra presso l’Unione della Banche Svizzere del 2007 - Aveva quasi timore di rivelarmi la nuova passione artistica - Quando mi mostrò i suoi primi quadri, scrutava il mio volto scettico – La pittura, per lui, era rivelazione dell'anima, luogo dell'anima, rifugio dell'anima!

 

9. L'orto sulla collina: il senso della famiglia

L'orgoglio della grande e bella casa sulla collina, piena di ogni raccolta di oggetti artistici, alla volte sembrava un deposito di antiquario - L'albergo e la casa, come i “due” luoghi sacri dell'ospitalità, come i “due” templi dell'amicizia e dell'amore familiare e amicale - L'orto curato personalmente - La grande famiglia e la grande tavola - Come mi annunziava la nascita dei figli e dei nipoti: Luigi, Marcello, Isa, Fausto e Mathildis e dei nipoti - La gara con il fratello più piccolo, Giuseppe, per i pomodori - Le presenze a Sorrento per scegliere le piantine per l'orto - L' orto e la pittura, la “due” dimensioni domestiche e un ritorno alle origini - Amava dirmi, compiaciuto delle colture domestiche (pomodori, peperoni, melanzane, fagiolini e zucchine): " Nonostante tutto, alludeva al successo, non ci siamo montati la testa, siamo rimasti con i piedi a terra! Ci siamo salvati dalla false illusioni della vita, rimanendo legati alle nostre origini, alle buone cose della madre terra, ai nonni contadini, a Nonna Peppinella e a Nonna Maddalena!". La famiglia come “ecclesia” e “comunità vivente”!

10. Luciano Pavarotti e la lirica: la filantropia e l'aiuto ai poveri più poveri del Mondo

L'altro grande amore artistico di Nello fu la lirica, in questo continuando la tradizione del Nonno Raffaele e di nostra Madre - L'amicizia con grandi artisti lirici, tuttavia, lo spinse oltre: un amore superficiale, orecchiato, divenne una amore profondo, esistenziale - Legato all'Associazione "Amici della Scala", era letteralmente ammirato dai grandi soprano conosciuti: la Tebaldi. la Simionato, la Freni e la Ricciarelli - Quella sera insieme alla Scala, alla prima di Bohème di Puccini - La discussione al Savini, nel dopo teatro, sulle “donne” di Puccini - Ma chi lo spinse in avanti sulla passione musicale fu la fraterna amicizia con Luciano Pavarotti e la comune passione per la pittura dilettantesca, al servizio di finalità filantropiche - Le mostre congiunte e i concerti del Maestro, allo Splendide, per beneficenza - I progetti per i bambini dell'Africa – Il suo sogno di aiuto alla fine della carriera - Lo stesso destino di Pavarotti - La stessa malattia - La morte ravvicinata rispetto a quella di Luciano - Mi sbalordì, quando alla morte di Pavarotti, mi chiamò e mi sottolineò, in maniera disincantata, come se parlasse di altra persona, la singolarità di quella amicizia e di quella comunanza, anche nella malattia – Nello, come mia madre, amava la Vita, e driblava la Morte. Giudicava la malattia. come un evento, che non lo riguardasse mai direttamente.

11. Natale 2007: la bellezza della Vita e della Morte

Volle fortemente la mia presenza a Lugano, nella sua famiglia nell'ultimo Natale della sua vita (dicembre 2007) - Soffriva a tavola, ma non voleva che io me ne rendessi conto - Il riposo sul letto, vicini come nella grotta della Marinella, quando avevamo lui 10, Luigi 11 ed io sei anni! - Le mie lacrime fredde - Il “suo” stupore per quella mia caduta emotiva e, mentre mi stringeva la mano con forza, quell’avvertimento che ancora mi risuona nella mente:

“Non piangere, non c'è nessun motivo perchè tu pianga, nessuno! Non hai sempre detto che la nostra vita terrena è un niente, un granello di polvere, un battito d'ali, di fronte all'Assoluto e all'Eternità?".

Quell'affronto alla mia “debolezza”, mi fece riprendere. Mutai quel mio dolore in risa, ricordarmi la nostra visita, con Marcella, nel 1981, alla tenuta vinicola del Conte Bertani - Dopo la splendida colazione, la visita alla cantina storica, alle grandi botti di amarone d'annata - Le degustazioni con i calici di cristallo e il cameriere in livrea - Un percorso lungo seguito dalla mia progressiva caduta sotto il dominio del vino - La partenza da Verona, al limite dell'ubriachezza e le risate all'infinito, mentre, cantando le canzoni di Mina e di Battisti, rientravamo, in auto, a Lugano – Il ricordo di quelle risate produsse altre risa e distolse la tensione. Fino a quel lucido e profetico commento: "Non è importante “quanto” si vive, ma “come” si vive. Noi siamo fortunati. Siamo stati amati dai nostri genitori e abbiamo amato. La vita ci ha donato molto. Abbiamo avuto una bella vita e, per questo, dobbiamo ringraziare Dio!"

12. Monte Brè e le rose di Marcella: la Vita oltre la Vita

Caro Nello, quella domenica sera, il giorno prima della Tua scomparsa, lasciai la stanza di quell'ospedale svizzero senza salutarTi, mentre Tua moglie e Tuoi figli Ti accarezzavano sul letto di sofferenza, affranti e premurosi - Non Ti volli salutare - Sapevo che non Ti avrei più rivisto vivo - Ma sapevo, allora come ora, che ci rincontreremo.

Cara Marcella e cari Luigi, Marcello, Isa, Fausto e Mathildis, quell'addio sul Monte Brè, quel coro di affetti e di amicizia vera, non formale, così rara anche negli svizzeri, è rimasto nel cuore a conforto - Le Tue rose, Marcella, sulla bara di Nello, le grandi rose pendule, come vita reclinata, ancora colorano i miei occhi lucidi - Erano il segno del Tuo amore e della Tua vita vicina a lui, sempre con lui, con quella “Vostra” speciale vocazione dialettica, espressione di un legame vero e profondo.

E' passato un lungo, doloroso anno!

La nostra cultura contemporanea vuole esorcizzare la morte, vuole rinunciare all'aldilà, vuole pensare sempre meno al “dopo”! Oggi si vive come se nulla fosse, come se non ci fossero più angosce, speranze, domande e terrori. Si nega la morte, perché se non c'è la morte, bisogna meno sforzarsi di pensare, dove i nostri morti possono continuare ad esistere, né felici per la visione beatifica di Dio, né tristi e nostalgici, come gli abitanti del Tartaro antico. Anche la Chiesa ha contribuito, purtroppo, alla negazione dei "luoghi" dell'aldilà. Sembra quasi scomparsa, nella cultura occidentale di matrice cristiana, la possibilità di pensare concretamente a cosa ci succederà dopo. E' scomparsa la dimensione di una realtà dopo la morte ed ognuno si costruisce un'idea molto personale del “dopo”: dalla reincarnazione alla trasformazione dei morti in angeli New Age.

Noi restiamo legati alla parola e alla rivelazione del Cristo Risorto, l'unica parola - l'ho già detto a dicembre in questa amata Chiesa - che ha vinto la grande gara, sull'orizzonte della storia umana, dopo la caduta di tutte le dottrine, di tutte le filosofie, di tutte le teorie, economiche e sociali, e di tutte quelle altezzose sicurezze scientifiche che continuano a spostare il limite della conoscenza all'infinito, ma non lo risolveranno mai.

Mai! E' la fede nel Cristo Salvatore la nostra residua ed unica ancora di salvezza, la nostra residua speranza che mi fa concludere, oggi, che rivedremo Nello, come ciascuno di noi e di voi rivedrà i propri cari defunti nell'Amore Assoluto di Dio.

Se così non fosse, niente avrebbe senso e niente avrebbe significato in questa nostra povera vita terrena.