07/07/2023

Con il presidente Arnaldo Forlani scompare un altro dei più autorevoli protagonisti della prima repubblica, del quarantennio di governo della democrazia cristiana e dell’impegno politico dei cattolici democratici nella vita pubblica del nostro paese, dopo la fine della dittatura fascista. Ripercorrere la sua vicenda, umana, politica e istituzionale, di segretario politico del partito di maggioranza, di primo ministro e di ministro, in diversi importanti incarichi, significa attraversare la vera storia politica della nostra democrazia repubblicana, talora vilipesa, oggi rimpianta, di fronte agli scenari avvilenti della crisi dell’attuale classe politica e dirigente del nostro paese. Grande mediatore, tessitore di alleanze e autore di felici intuizioni politiche, come il grande centro, ha svolto i suoi compiti al servizio delle istituzioni democratiche con un sentimento, mite ed esemplare, di cristiano autentico, riservato e responsabile. Mitezza, riservatezza e responsabilità che dimostrò, accettando, con spirito socratico e silente, anche l’immeritata gogna giudiziaria, frutto di una falsa e strumentale rivoluzione, che ha creato danni piuttosto che benefici alla nostra democrazia. Una forza tranquilla, uno stile di vita autentico e una lezione da ricordare, valori vissuti fino alla fine di una lunga esistenza terrena. Il mio sincero cordoglio alla famiglia e a quanti non hanno cessato di stimarlo e di rendergli gratitudine, senza le inutili beatificazioni post mortem e i mortificanti tripudi spettacolari degli ultimi tempi. Resta ad un testimone diretto, come un macigno, un unico rammarico, un interrogativo irrisolto: perché Forlani accettò passivamente di interrompere la stagione di guerra alla mafia, dopo la strage di Capaci, interpretata da Vincenzo Scotti al Viminale, di concerto con Giovanni Falcone? Requiem.

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