10/10/2016
(Il resoconto integrale è stato curato da Riccardo Piroddi)
Antonino Pane, Giornalista
Buona sera. Vi prego di prendere posto, grazie. Vi confermo che, stasera, sarà con noi anche la protagonista dell’ultimo romanzo di Raffaele Lauro, Violetta Elvin, la quale è in viaggio da Vico Equense e arriverà qui tra poco. Noi, intanto, cominciamo. L’accoglieremo, nel modo opportuno, appena sarà tra noi. Siamo qui per presentare il terzo volume de “La Trilogia Sorrentina”. Il professor Cesare Azan, nella sua straordinaria recensione di quest’opera, ha scritto e scomodato Elias Canetti, paragonando la trilogia ad un albero con tre rami. Io direi qualcosa di più sorrentino: immagino Raffaele, per gli storici legami che abbiamo, come un albero del suo frutto preferito, l’arancia. Da questo arancio abbiamo raccolto tre arance. Quest’ultimo romanzo, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, rappresenta una nuova prova della grande capacità di un uomo di cultura, come lui, di calare un personaggio storico e una storia reale in un contesto storico, politico, culturale e filosofico. Raffaele è riuscito a mettere insieme tutta la sua enciclopedica conoscenza al servizio di questa bellissima storia, che vale la pena di conoscere, perché è ricca, veramente ricca. Una storia, però, in cui i personaggi sembrano tutti protagonisti. Sul libro non aggiungerò più nulla, perché lo approfondiranno, brillantemente, i relatori. Passo la parola al nostro sindaco, Giuseppe Cuomo, per il saluto di benvenuto. Grazie!
Giuseppe Cuomo, Sindaco di Sorrento
Buona sera a tutti. Ci troviamo di nuovo qui, nella Sala Consiliare del nostro Palazzo Municipale, per ringraziare Raffaele Lauro per questa sua nuova opera. “Dance The Love - Una stella a Vico Equense” è stata presentata, in anteprima, a Vico Equense, perché ambientata, prevalentemente, a Vico. Narra la storia di una grande danzatrice, Violetta Elvin, la quale è vissuta, per sessant’anni, a Vico Equense. Come ricordava bene Antonino Pane, quest’opera fa parte de “La Trilogia Sorrentina”. Raffaele Lauro ha abbracciato tre protagonisti, tre storie e tre momenti storici diversi del nostro territorio. Momenti importanti che, probabilmente, qualcuno di noi non conosceva o aveva dimenticato. Proprio attraverso queste opere, però, ciascuno può approfondire ciò che è avvenuto nella nostra città e nella Penisola Sorrentina. Mi associo ai ringraziamenti a Raffaele Lauro, il quale ci stimola, con i suoi libri e con le sue iniziative. Stiamo lavorando insieme ad un progetto, che abbiamo deciso di non divulgare ancora. Un’iniziativa di grande interesse, che abbiamo raccolto immediatamente. E’ importante seguire i suggerimenti e ascoltare quanti amano il nostro territorio, perché gli eventi culturali fanno crescere la nostra città e quanti la vivono quotidianamente. Per questo, voglio ringraziare, di nuovo, ufficialmente, Raffaele Lauro, così come tutti i relatori, i quali presenteranno questa nuova opera. Ringrazio anche voi, intervenuti così numerosi ad ascoltare la presentazione dell’opera di un sorrentino autentico. Rinnovo il mio ringraziamento anche a tutte le associazioni culturali, che operano sul territorio, perché, lavorando insieme, continueremo a fare sempre più grande Sorrento. Grazie a tutti!
Maria Teresa De Angelis, Assessore alla Cultura
Buona sera. Un saluto a tutti. Come assessore alla Cultura di questa città, sono veramente felice di essere, qui, alla presentazione dell’ultima opera del mio professore, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense. È un libro bellissimo e fa parte di una trilogia, “La Trilogia Sorrentina”, insieme con “Sorrento The Romance - Il conflitto, nel XVI secolo, tra Cristianesimo e Islam” e “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”. L’autore, il nostro professor Lauro, mette insieme, nei suoi romanzi, soggetti di natura diversa, riuscendo a scrivere opere letterarie, affascinanti e coinvolgenti. Non voglio assolutamente dilungarmi, né togliere spazio agli autorevoli relatori presenti, i quali, certamente, ci racconteranno il libro in maniera approfondita. Desidero soltanto concludere con le medesime parole, con le quali ho chiuso le precedenti presentazioni dei libri del professor Lauro. Grazie, professor Lauro! Grazie per aver donato, ancora una volta, alla città di Sorrento, un’opera avvincente e prestigiosa. Grazie!
Carlo Alfaro, Pediatra e Animatore Culturale
Buona sera. Questa è una presentazione tutta al femminile. Vedo tante carissime amiche, per cui, stasera, sono veramente felice. È bello stare seduti a un tavolo, accanto a persone, a cui vuoi bene. Ci conosciamo da tanto tempo. Il mio primo pensiero è non voler togliere tempo agli altri relatori e a quello che vorranno dirvi. Questo libro, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, è già tutto nella copertina perché vi sono raffigurati tre elementi, che rappresentano i tre tempi della vita della protagonista. Raffaele Lauro è un grande scrittore e ha saputo narrare una storia di vita, rendendola un romanzo, un romanzo bellissimo. Nelle mani abili di uno scrittore, come lui, qualunque storia potrebbe diventare un storia di fascino. Si diceva che Vittorio Gassman, anche quando leggeva l’elenco telefonico, lo facesse diventare qualcosa di emozionante, quanto una poesia. Raffaele ha descritto storia di Violetta, bellissima e particolare, tanto ricca da sembrare quasi fantasiosa, sintetizzandola in tre tempi. Il tempo di Mosca, in un contesto storico difficilissimo, quello della dittatura di Stalin, nel quale Violetta ha studiato danza alla Scuola del Teatro Bol’šoj, prestigiosa ma anche particolarmente severa. Ecco l’immagine della facciata del teatro, sullo sfondo della copertina. Poi, il grande successo, il secondo tempo della vita di Violetta, quando lei, sposando un diplomatico inglese, si trasferisce a Londra, intraprendendo un viaggio verso la libertà. Il suo secondo tempo, quello dell’artista, che è diventata la stella della danza mondiale, con il Royal Ballet, nell’immagine della sua silhouette. Infine, il terzo tempo, quello di Vico Equense, quando decide, a soli trentatre anni, di ritirarsi dalle scene per vivere l’amore della sua vita, Fernando Savarese, innamorata anche del paesaggio di Vico Equense, ritratto all’interno della sua figura danzante. Elementi esplicativi, quindi, nella copertina come nel titolo: “Dance The Love”. Un titolo di difficile interpretazione? Che significa “Dance The Love”? Se lo volessimo tradurre, balla l’amore, l’amore per la danza, la danza che genera l’amore, l’amore è danzare. A ben riflettere, tutti i titoli dei romanzi che compongono “La Trilogia Sorrentina” presentano questo articolo determinativo inglese, “The”. Sorrento è The Romance, la città, per antonomasia, dell’amore, del romanticismo, della storia, tanto piena di sentimenti. Così, come Caruso è The Song, cioè la canzone più bella, il capolavoro di Lucio Dalla, una canzone destinata a rimanere eterna. Infine, la Dance è The Love, la danza è l’amore. Potremmo dire che per Raffaele Lauro, l’amore è il filo conduttore di tutta la sua opera narrativa. Una storia di scrittore non improvvisata, perché è già alla quattordicesima pubblicazione, il cui filo conduttore è sempre l’amore, soprattutto l’amore per la sua terra natia, perché i personaggi delle sue storie, profondamente, intensamente, amano questa terra, la nostra terra. Raffaele Lauro non dimentica mai, attraverso questi libri, piacevolissimi da leggere e densi di avvenimenti avvincenti, di fare promozione culturale e, potrei dire, marketing del territorio. Raffaele Lauro ama intensamente la sua terra, la terra natia, e, quindi, ogni suo libro è un omaggio alle sue amatissime origini. Poi, la dedica a Violetta Elvin, protagonista dichiarata di questo romanzo. Stella della danza, con una storia incredibile, artista splendida e donna coraggiosa. In questa parola, donna, c’è un altro elemento fondamentale. Raffaele Lauro è un grande innamorato della figura femminile. Nella sua letteratura, nella sua vita, ha più volte affermato che saranno le donne a salvare il mondo. E’ un convinto assertore di ciò e un grande promotore della dignità della donna. Violetta diviene il simbolo, l’icona della femminilità, intesa nel senso più pieno, come artista, come immagine di bellezza, di purezza, di incantevole dedizione a tutto ciò che è proprio della femminilità, anche come sposa e come madre. Una donna coraggiosa, lo diranno, dopo, anche le mie amiche relatrici, perché ha operato scelte coraggiose, non ultima, quella di lasciare la carriera, all’apice del successo, quando era una stella internazionale, per venire a vivere a Vico Equense. Tutto, per amore. Ma anche una donna di libertà, perché le sue scelte sono state dettate dalla libertà, come quando era insofferente al regime sovietico e al totalitarismo, perché lei non accettava quelle proibizioni e si ribellava anche al padre, che pure adorava, perché le aveva insegnato tutto. Questo romanzo, quindi, è anche una celebrazione dell’arte della danza. Per Raffaele Lauro l’arte della danza non è da intendersi soltanto come balletto, ma come arte in generale, tanto è vero che questo libro è un omaggio al Rinascimento italiano, ai grandi patrimoni artistici dell’Italia e alle straordinarie bellezze naturali di Vico Equense. Questo amore per la natura lo ritroviamo anche negli altri libri. Tutti gli altri protagonisti, infatti, sia Marino Correale in “Sorrento The Romance”, che Lucio Dalla in “Caruso The Song”, hanno, in realtà, gli occhi di Raffaele, innamorati della bellezze della sua terra. Inoltre, l’omaggio dell’autore ai nonni materni, perché un altro dei valori di questo libro è rappresentato dall’amore profondo e radicato per la famiglia. Adesso, per approfondire i contenuti del romanzo, lascio la parola alle altre amiche relatrici. Voglio, però, aggiungere un’ultima cosa, molto personale, per cui vi chiedo un minuto ancora. Anch’io, come molti di noi in Penisola Sorrentina, ho avuto la mia Violetta, una ballerina che tutti abbiamo tanto amato e che ci ha, dolorosamente, lasciati da poco. Voglio ricordare, proprio qui, stasera, Raffaella Pandolfi, mia carissima amica. Grazie, Raffaele. Leggendo questo libro mi sono commosso, pensando a quanto anche Raffaella abbia amato la danza. Mentre Violetta, dopo la danza, ha scelto la famiglia, lei ha scelto soltanto la danza. Non aveva avuto figli, perché i suoi figli erano gli allievi e le sue coreografie. Grazie Raffaele! Grazie Raffaella, che ci ascolti dal cielo. Grazie a voi tutti per l’attenzione!
Marisa Cimmino, Docente di Materie Letterarie
Buona sera. Quando, nel 1985, Italo Calvino scriveva quelle che, pubblicate postume, sarebbero state le “Lezioni americane” (Six memos for the next millenium), il dibattito sulla crisi del romanzo e sulla funzione della letteratura impegnava il mondo della cultura. Calvino si interrogava, rileggendo, con lucido acume, significativi testi della letteratura occidentale e affidava la sopravvivenza dell’arte letteraria ad alcuni valori o specificità, che essa avrebbe dovuto traghettare nel successivo millennio. Il primo di quei valori è la leggerezza, seguono la rapidità, l’esattezza, la visibilità e la molteplicità. Due di queste categorie, leggerezza e molteplicità, hanno ispirato il mio percorso di lettura, attraverso una serie di elementi, che ho ritrovato come fili dell’ordito narrativo e linguistico, fin dalle prime pagine del romanzo di cui stiamo parlando. Il romanzo “Dance The Love - Una stella a Vico Equense” chiude, in modo splendido, “La Trilogia Sorrentina” del professor Lauro, come l’autore ama essere chiamato. Il titolo, che compendia i due poli tematici, l’Amore e la Danza, inteso, il primo, come “follia creatrice”, l’altro come “passione del sangue, che può essere solo disciplinata” (ma io aggiungo “poesia del corpo, capace di dire senza parole”), e la luminosa e leggiadra immagine della copertina, ci comunicano, subito, che il mondo reale in cui ci muoviamo, talvolta smarriti, in cui abbiamo portato tanta pesantezza, ha bisogno di leggerezza. Che noi, frastornati dal chiasso volgare di tanti, abbiamo bisogno di leggerezza, che sempre, ad ogni età, dobbiamo sentirci foglie e fiori, pronti a donare all’altro colori e profumi. Andiamo alla copertina: tre immagini sovrapposte, la silhouette di una ballerina, sullo sfondo il Bol’šoj, il mitico teatro, tempio del balletto, e, in secondo piano, il profilo da vertigine di un luogo simbolo della vicenda narrata. Ora allo spazio-tempo: Mosca (1923-1945), la nascita e la formazione, il rigore e l’autodisciplina, imposta ad un temperamento naturalmente ribelle, il punto di partenza; Vico Equense, la realizzazione come donna, sposa, madre (1956-2015), il punto d’arrivo. Al centro, la parentesi decennale a Londra, stella del Royal Ballet, e l’anno clou, l’anno della svolta radicale, il 1956, che comporta l’abbandono della danza e del successo per l’Amore, l’Amore grande, vero, completo, quello che, se si è fortunati, si incontra una sola volta nella vita (“Non tutti - dice l’amico Zarko Prebil nel tracciare, con Violetta, una sorta di bilancio della vita - hanno il coraggio di abbandonare il nostro Io per un Noi”). Una vicenda da romanzo, anzi, da favola, quella della protagonista, nella quale si rispecchia una vita reale con i suoi “dietro le quinte”, una vita che attraversa tragedie e speranze del Novecento, dall’epoca stalinista, al nazifascismo, alla guerra fredda, alla dissoluzione dell’URSS. Questi brevi cenni sui contenuti narrativi esprimono la molteplicità di livelli e di chiavi di lettura: biografia romanzata, romanzo-saggio, romanzo di formazione, romanzo sociale, un po’ anche romanzo rosa, compendio di storia del balletto, della molteplicità delle prospettive, della molteplicità dei temi. Ma torniamo alla leggerezza, evocata anche dal sottotitolo. Una stella che, come i lontanissimi corpi celesti, brilla e continuerà a brillare nello spazio eterno dell’arte! La leggerezza cui mi riferisco non ha nulla a che vedere con la superficialità. E’ la pensosità leggera, è l’atteggiamento di chi vive la vita come dono, di chi è capace di liberarsi del gravame inutile, del superfluo, delle ipocrite posizioni che ci tirano verso il basso e ci impediscono, almeno, di tentare di realizzare il sogno, di osare il volo fisico e, soprattutto, mentale, come ha fatto, non una volta, ma in tutte le stagioni della sua intensa vita, la protagonista. Quando il mondo ci condanna alla pesantezza, dovremmo volare in altri luoghi, dovremmo salire come Violetta sul nostro Monte Comune e ritrovare qualche frammento di certezza, dovremmo avere il coraggio di cambiare. Non è un caso, che ricorra nei romanzi del professor Lauro il luogo topico della terrazza: quella di casa Correale, quella dell’Excelsior Vittoria, quella di Palazzo Savarese e le tante terrazze naturali della nostra penisola. Contemplare dall’alto è metafora dello sguardo che va oltre, che cambia la nostra ottica, ci mostra prospettive inedite. Mi piace citare subito un luogo preciso del libro, a pagina 109, il profondo, breve colloquio tra Violetta, la protagonista, e la divina Callas, sui gioielli preziosissimi indossati fuori scena da Maria, come una corazza che dovrebbe difenderla dalle insicurezze, dalle paure, proteggerla dal dolore, come purtroppo non avverrà. Gioielli che, invece, Violetta non ama e non ha bisogno di indossare, se non in scena. Il discorso tocca, poi, il tema del destino e dell’autodeterminazione, da una parte, la concezione tragica del fato, dall’altra la rinascimentale visione antropocentrica dell’“homo faber”: due donne, all’apice del successo, due diversi modi di rapportarsi alla vita. Andiamo alle prime pagine, alla presentazione della protagonista: “una donna non più giovane, venuta da lontano, signora elegante e piena di fascino, quasi diafana, stella sconosciuta ai più, che viveva, da oltre mezzo secolo, nel recinto dorato di uno di quei palazzi aviti di fronte al golfo di Napoli”. Ecco la discrezione, il sottile fascino, l’aura di mistero che la avvolge, indizio dei misteriosi e degòli insondabili percorsi di un’esistenza di passioni, rinunce, sentimenti, sfide e scelte intrepide. Da lei, poco dopo, giungono due esemplificazioni della calviniana leggerezza: lo humor elegante e ironico, “la comicità che ha perso (sono parole di Calvino) la pesantezza del corporeo”, attraverso il rapido dialogo con il fedele Shankar (sembra proprio vero questo aiutante indiano!), e la malinconia, cioè “la tristezza diventata leggera” nel delicatissimo gesto di saluto, prima di uscire, al ritratto dell’uomo amato e mai assente nella memoria del cuore. Provate a leggere, in quest’ottica, le prime pagine del romanzo e vi accorgerete subito che non c’è tristezza o rimpianto, ma solo la delicata nostalgia per chi non abbiamo più accanto, e, avanti, nel corso del primo incontro di Violetta con la famiglia Savarese, coglierete la tenerezza lieve della madre di Fernando, donna di polso e futura suocera della protagonista, quando, presentando i componenti della famiglia, schierati come un plotone sulla terrazza “spalancata” sul golfo, rammenta “la nostra piccola Linda, che noi non dimentichiamo mai di ricordare nelle nostre preghiere, come se stesse sempre con noi, anche oggi”, o quando ripropone lo stesso menù, dopo oltre 10 anni, per celebrare il semplicissimo, ma tanto desiderato, matrimonio religioso. La leggerezza, dunque, uno dei valori che, secondo Calvino, la letteratura avrebbe dovuto traghettare nel nuovo Millennio, viene esemplificata e declinata in tutte le sue forme, nei contenuti, anche storici, narrati, nei personaggi e nello stile così classicamente limpido. Nella scrittura del romanzo vive e danza letteralmente la leggerezza, attraverso l’uso della figura retorica dell’elencazione, in luogo di tante lunghe descrizioni, con l’uso misurato dell’aggettivazione, la scelta del dialogo, che domina la seconda parte dell’opera, attraverso l’oraziana misura dell’ornato semplice ma raffinato, i profumi che evocano sensorialmente l’eleganza, con Arpége di Lanvin (il profumo mai sostituito), il successo, l’amore tenace di Fernando e l’ammirazione dei tanti amici e appassionati fan con le rose bianche, che piovono in scena e inondano il camerino di Violetta, ormai ballerina acclamata, la libertà, con il profumo del mare e della macchia mediterranea, il territorio, con il “misto di profumi del mare, degli orti e dei giardini di Vico Equense”, apparecchiato sul tavolo di casa Savarese. Tutto concorre, dunque, a creare una tela leggera, in cui anche le vicende più cupe non sprofondano nel buio totale. Del resto, le parole per penetrare nel fondo devono essere lievi, sfiorare l’esistente e l’inconsistente. “Mia mano, fatti piuma… e scrivi di lei”, così il poeta Giorgio Caproni e, ancora, un altro referente illustre, Guido Cavalcanti, “Va’ tu, leggera e piana dritta alla donna mia”, o il Montale dell’evanescente Clizia, depositaria dei valori umanistici, capaci di opporsi alla barbarie nazifascista. Destinatario e referente dei testi citati, la donna-madre, la custode dei valori più sacri, la presenza salvifica che torna in ogni romanzo del professor Lauro. E come poteva il professore, accostarsi ad una donna qual è la protagonista del romanzo, se non con una scrittura che definirei “pudica”, attenta a rispecchiare riservatezza ed eleganza, scevra di facile sentimentalismo o di eccessi di pathos, che la straordinarietà della vicenda narrata avrebbe potuto facilmente determinare? L’immagine di Violetta che danza sulle sponde del mare di Seiano, “stamane ho incontrato il mare più bello del mondo. Il mio mare, dove sono nata”, è un cammeo di straordinaria levità. Non a caso, se ben ricordo, la professoressa Barba ha parlato di epifania, una manifestazione della divinità, e, qualcun altro, di una creatura chagalliana. Violetta è stata educata ai nostri classici da un padre eccezionale, ingegnere-inventore, amante appassionato del nostro Rinascimento. Ecco, allora, la Venere che nasce dal mare e la Venere lucreziana, “Aeneadum genetrix, hominum divumque voluptas, alma Venus”, al cui arrivo sboccia e si propaga la vita! Ma ecco anche le sculture di Henry Moore, che celebrano il mito della fertilità e della rinascita, dopo gli orrori della guerra! Il cratere di fuoco, da cui tutto ha origine, e l’amore per la danza, l’amore per la vita, per quest’insieme magico di Natura e cultura che è il nostro territorio e l’Italia tutta. Il romanzo, la cui lettura andrebbe raccomandata ai giovani, anche per gli aspetti formali, si muove, dunque, nella linea di quel recupero della lingua letteraria classica, auspicato, di recente, anche dal professor Giorgio Ficara, docente all’Università di Torino, nel suo saggio “Lettere non italiane”. Questo romanzo, come gli altri volumi de “La Trilogia Sorrentina”, ci dice che, con leggerezza e rispetto, dobbiamo accostarci alla Natura, così tante volte violata! Pensate ai “cantieri leggeri”, di cui ha parlato Renzo Piano a proposito della ricostruzione nelle terre martoriate dal terremoto (“Più che dei fenomeni della natura, si preoccupava delle reazioni irrazionali degli uomini”, così il narratore fa parlare il padre della protagonista, personaggio tanto ben tratteggiato da conquistarci). Potremmo leggere pagine e pagine che cantano la bellezza e l’armonia della Natura. Valgano, per tutte, la descrizione, nell’incipit del romanzo, la visione di Violetta da Monte Comune o una delle descrizioni, da lei fatte, agli amici in visita. Potremmo dire ancora tanto della leggerezza, ma lascio alla vostra sensibilità di lettori altri passi da scoprire. Voglio, però, soffermarmi su un elemento strutturale dell’opera, che contribuisce alla molteplicità e alla leggerezza del romanzo. La ricchissima, corposa appendice, che ha permesso all’autore di eliminare tante possibili parentesi ed espansioni, anche informative. Ciascuno potrà liberamente consultare uno dei tre indici, nomi, luoghi, balletti, e soddisfare curiosità, mettere ordine o completare. Non dev’essere stato facile per l’autore tacere e non dire, lasciando al lettore, chiamato ad essere dentro il testo, il “lector in fabula” di echiana memoria, la possibilità di immaginare lo svolgersi e il definirsi di eventi, emozioni, sentimenti. La scrittura trascorre lieve, anche sui fatti più tragici del “secolo breve”, del “tramonto dell’Occidente”, eventi che il lettore legge attraverso le vicende e le voci dei personaggi, di Violetta, del padre, dei tanti fuoriusciti russi, artisti alla ricerca dell’armonia, di un’arte umana, come dice, nel romanzo, Alvar Aalto, il celebre archistar, molti dei quali troveranno asilo e accoglienza nella nostra terra. Pochi esempi dell’intreccio costante tra macrostoria e microstoria: la morte di Lenin e l’utilizzo propagandistico che ne fece Stalin per consacrare la sua immagine di “piccolo padre” della Grande Madre Russia; la vita negli appartamenti collettivi con servizi comuni; il controllo pervasivo e l’eliminazione di ogni dissidenza; la nascita dei gulag; la “Battaglia d’Inghilterra” e la resistenza inglese; la seconda età elisabettiana e, infine, la guerra fredda, il tutto attraverso anche tanti piccoli e significativi episodi, che toccano da vicino la protagonista e sui quali volutamente non mi soffermo. Citerò solo l’omaggio “obbligato” del padre alla salma di Lenin, la convocazione della madre Irena, alla famigerata Lubjanca, il viaggio verso la libertà, il balletto per l’incoronazione di Elisabetta II, e, soprattutto, il falò del baule, evocatore di tanti tragici roghi, sulla spiaggia di Posillipo, custode di una ricchissima corrispondenza, che incenerì un patrimonio affettivo, di cui Fernando e Violetta si sarebbero rammaricati per sempre. Eppure, nonostante la sindrome del KGB, compagna silenziosa di un’intera vita, che la indurrà a non insegnare il russo al figlio, Violetta mai rinnegherà l’amore per la sua patria e per il suo teatro, il Bol’šoj. Immagini di fiabesca leggerezza chiudono il romanzo. Sul palcoscenico del suo Bol’šoj, davanti a tutte le persone a lei più care, la protagonista danzerà, a 92 anni, in un sogno visionario, per l’ultima volta, il balletto più amato: “La bella addormentata”, favola a lieto fine, che ciascuno di noi vorrebbe vivere. Nel cerchio magico e perfetto della fiaba può, così, compiersi la vicenda umana e artistica della protagonista, donna reale divenuta personaggio eterno. I tre tempi del balletto sono metafora delle stagioni della vita e della natura, un bacio d’amore risveglia la principessa Aurora e, insieme con lei, tutto il castello. Un bacio d’amore è il dono di questo romanzo per tutti noi! Grazie.
Paola Savarese, Imprenditrice
Buona sera a tutti! Innanzi tutto, i doverosi ringraziamenti al professor Lauro per avermi invitato a commentare la sua ultima fatica letteraria. Sono emozionantissima, per una platea così importante, per cui, spero di meritare questo onore. Devo ringraziare il professore, anche a nome di tutti i sorrentini e di tutti gli imprenditori sorrentini, che basano la propria attività sulla bellezza e sul nome della Penisola Sorrentina. Con questa sua ultima opera, Raffaele Lauro ha, ancora una volta, immortalato, in maniera poetica, le bellezze del nostro territorio, la storia e le tradizioni, anche gastronomiche. Un grazie di cuore, dunque. Questo libro meriterebbe di diventare un gadget promozionale della nostra terra. Nel caso specifico, lo scenario si sposta a Vico Equense e son sicura che, dopo la lettura di questo romanzo, guarderete Vico Equense con occhi diversi, perché contiene descrizioni veramente straordinarie. Non è facile tradurre in parole le emozioni che certi luoghi evocano, certi tramonti, certi panorami. Lauro ci riesce sempre. Se sono particolarmente emozionata, oggi, lo devo a tre ragioni. Innanzi tutto, come donna, perché la vicenda di Violetta è stata ed è esemplare, dall’inizio alla fine. Una bambina fortemente desiderata e voluta da un padre colto, eclettico, una persona speciale. Ma anche l’intelligenza di sua figlia nell’aver saputo cogliere gli insegnamenti paterni. Non sempre i figli sono in grado di riconoscere la specialità dei propri genitori. Fin da piccola, Violetta ha intuito di avere di fronte una persona che aveva posto in lei le aspettative per un futuro speciale. Ha saputo inseguire i suoi sogni. Poi, un’adolescente determinata, forte e disciplinata, e, infine, una donna capace di rivendicare la propria liberà e autonomia, nel momento della maturità, sapendo riconoscere l’amore, tanto da lasciare, proprio per questo amore, il successo e il glamour di una città come Londra, a quei tempi, culturalmente molto attiva. Sono coinvolta emotivamente anche perché ho legami di sangue con Fernando Savarese, cugino di mio padre. Ricordo che, da bambina, in famiglia, si parlava spesso di questa bellissima e famosissima ballerina russa, che aveva lasciato tutto per amore e viveva, a Vico Equense, una vita molto sobria e di classe, come lei dimostra ancora di essere. Quindi, ritrovarmi qui, oggi, a commentare la sua storia, sulla base di questi ricordi, mi sembra quasi un segno del destino, qualcosa che mi emoziona tanto. Infine, il rapporto che, da sempre, lega mio marito Salvatore e me al professor Lauro, mi rende particolarmente piacevole la lettura dei sui libri. Cerco sempre in essi, e vi trovo continuamente, moniti e insegnamenti di vita. Raffaele Lauro è stata, per noi, una persona che ci ha aiutato a crescere, insegnandoci tanto. Per questo, lo ringrazio, di cuore. Vi consiglio di leggere questo suo libro perché, nella mia lettura di persona semplice, che ama leggere, ma che non possiede una conoscenza letteraria vastissima, vi ho ritrovato racchiusi i caratteri di tre grandi generi letterari. Il romanzo d’avventura, perché la vita di Violetta è avventurosa, soprattutto nella prima fase, quella della Russia stalinista. Poi, un romanzo storico, anche se le vicende storiche sono trattate in maniera molto leggera, invitando all’approfondimento. Infine, un grande romanzo d’amore. Veramente ce n’è per tutti i gusti. Grazie mille. Grazie professor Lauro e grazie a tutti!
Nadia Di Leva, Presidente “Amiche del Museo Correale”
Buona sera. Sono lusingata, come presidente dell’Associazione Amiche del Museo Correale di Terranova, di presentare l’ultimo libro del senatore Lauro, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”. In questo lavoro rivivono le tradizioni, la storia, la poesia, la musica, l’amore per la danza, la fede, tutti elementi costitutivi del nostro patrimonio genetico e storico, che hanno contribuito a formare il tratto caratteristico della nostra identità. Nel romanzo, infatti, attraverso il racconto della vita di una grande ballerina, Violetta Elvin, sono esaltate le vicende umane e universali di un popolo e di una terra ma, soprattutto, di una donna. Esso va letto seguendo un’ottica tutta al femminile, perché la protagonista, spesso accompagnata da una lontana nostalgia, incarna, con il suo elegante temperamento, con la sua pienezza di pensiero e con la sua agguerrita volontà di realizzare il proprio sogno, la propria libertà, quell’ideale femminile che ogni donna, nella vita, è chiamata a rappresentare. Essa, come afferma l’autore, è stata destinata ad un ruolo salvifico. Violetta Elvin ha una vita intensa, vissuta in tre luoghi diversi. La Russia, la sua patria, dove, con i genitori, trascorre un infanzia serena, anche se condizionata dalla dittatura stalinista. Sarà a Mosca che lei frequenterà, grazie all’amore per l’arte del padre, la scuola di danza del prestigioso Teatro Bol’šoj, dove imparerà a danzare splendidamente, tanto da interpretare, in maniera unica, la principessa Aurora ne “La bella addormentata”. In seguito ai mutamenti politici, occorsi in Russia, Violetta, dopo aver sposato Harold Elvin, si trasferirà a Londra, divenendo una étoile del Royal Ballet di Ninette de Valois, acclamata e ammirata in tutto il mondo. Infine, Vico Equense, dove giungerà, per la prima volta, nel 1951, per una causale vacanza, dopo le tante tournèe, che l’avevano vista protagonista, da New York a Parigi, da Londra a Milano, fino al San Carlo di Napoli. Ed è nella nostra meravigliosa terra, sul Monte Comune, che Violetta farà la sua scelta di vita e di libertà. In un luogo che la madre Irena faceva fatica a trovare sulle cartine geografiche, lei ritrova, nella bellezza dei luoghi, la pace che consola la sua anima e che le permette di riconoscere il vero amore. Quell’amore che la renderà felice e appagata, a tal punto che, lasciato il primo marito e, all’apice della carriera artistica e del successo, abbandonerà anche il palcoscenico, a soli trentatre anni. È stata una scelta coraggiosa quella di Violetta. In essa, c’è l’essenza della personalità della donna, la quale, pur di vivere l’amore nella sua totalità, non esita a sacrificare la carriera per l’uomo della sua vita. L’amicizia è un’altra componente fondamentale della vita di Violetta, soprattutto quella che la lega al suo adorato amico Zarko Prebil, scomparso di recente. Prebil ha costituito, fino alla fine, il filo rosso, che ha legato Violetta al mondo della danza internazionale. La storia umana di Violetta si lega ad un altro protagonista, la cittadina di Vico Equense, con il suo paesaggio, sempre uguale e sempre mutevole, con i suoi odori, con i suoi sapori, con i suoi luoghi e con il suo mare. Un posto incantato e meraviglioso, che raccoglie ogni bellezza, la cui magistrale descrizione, fatta dall’autore, rimanda ai profumi delle erbe selvatiche e al borbottio del mare che si infrange sugli scogli. Lo sfondo del sogno di Violetta, la quale, all’età di novantadue anni, ritorna a danzare, interpretando il ruolo di Aurora ne “La bella addormentata”, davanti al suo amato Fernando, il quale, seduto in prima fila, la applaude e le regala, come sempre, un fascio di rose bianche. Fernando Savarese è stato l’amore della vita di Violetta e, in questo romanzo, è proprio l’amore il protagonista di una vita dedicata all’arte e alla famiglia e, ancora, della meravigliosa storia di una donna che, come direbbe mia madre, ha vissuto una vita. Un grazie particolare al senatore Lauro, che mi ha scelta per questa presentazione. A Riccardo Piroddi, persona squisita, che ho conosciuto in quest’occasione, e un grazie ancora ad Anna, che mi è stata accanto con sincera amicizia. Grazie!
Raffaele Lauro, Scrittore
Buona sera. Prima di entrare nel merito di questa bella serata, impreziosita dalla presenza di una stella, donna Violetta Elvin, cui sono particolarmente grato per la presenza qui, a Sorrento, vorrei salutare, con lei, subito, un suo amico carissimo, che l’ha accompagnata: Mister Alex Bisset. I would like, tonight, to salute Mister Alex Bisset and also introduce him to you all. Alex Bisset is a very close friend of Violetta, one of the first admirers of Violetta in Convent Gardren and also one of the main characters of my novel. Thank you Mister Bisset for your attendance tonight. Vorrei, adesso, ringraziare pubblicamente il sindaco di Sorrento, l’amico Giuseppe Cuomo, e, in particolare, gli assessori Maria Teresa De Angelis e Mario Gargiulo. Il sindaco ha seguito, passo dopo passo, la nascita, la crescita e la conclusione de “La Trilogia Sorrentina”. Grazie sindaco, grazie Peppino, perché il tuo sostegno in questo cammino narrativo è stato determinante. Io mi auguro, come già ho annunziato, che, l’anno prossimo, la trilogia possa essere pubblicata in inglese, in formato pocket, per consentire, anche ai turisti che verranno a Sorrento, di poter avere questa traccia, che è una traccia d’amore. Grazie all’Amministrazione Comunale, grazie al sindaco, grazie gli assessori e grazie a tutti voi. Grazie alla senatrice Armato, che è qui, arrivata finalmente a Sorrento, mia grande collega al Senato. Abbiamo lavorato insieme in commissione antimafia e in aula. Una donna straordinaria, della cui presenza sono davvero onorato. Ci sono state già tre presentazioni di questo romanzo, con relazioni straordinarie, tutte di taglio diverso, perché io amo evitare presenze ponderose alle mie presentazioni. Preferisco lettori colti, ma che siano persone comuni, perché queste persone riescono a dare interpretazioni non sofisticate, non sovrastrutturali, ma immediate e genuine, come hanno dimostrato l’assessore De Angelis, Antonino Pane, Carlo Alfaro, Marisa Cimmino, Paola Savarese e Nadia Di Leva. Il mio percorso della trilogia è un atto d’amore verso questa terra. Qual è il cuore della mia narrazione? E’ la bellezza, che oggi sembra sparita dall’orizzonte del mondo. La bellezza viene negata in tutte le forme, sui media, in rete e sui social. Quale bellezza? La bellezza della natura. Questa deve essere un punto di riferimento fondamentale nella vita di ciascuno di noi. Chi, su internet, ha visto il video della serata della presentazione a Vico Equense? E’ un posto bellissimo. Il sagrato della Chiesa della Santissima Annunziata. L’emblema di donna Violetta, perché donna Violetta, per decine d’anni, si è affacciata da quella terrazza, con Fernando e, dopo, senza Fernando. Ha rivolto sempre lo sguardo al Golfo di Napoli, fino a quella prima abitazione, a Napoli. La cosa che, immediatamente, mi disse, quando ebbi l’onore di visitarla, per la prima volta: io da qui tocco via Caracciolo con le mani. La bellezza della natura. Ci stiamo distraendo. Non riusciamo più a vedere, con occhi trasparenti, senza condizionamenti, la bellezza della natura nella nostra terra. Non è solo la nostra terra ad essere bellissima, lo è tutta l’Italia, tutta l’Europa, tutto il mondo! Ci siamo disabituati a guardare la bellezza. Critici e commentatori hanno sottolineato, nei miei romanzi, la presenza insistente della natura, non solo dal punto di vista orogenetico, ma anche floreale, arboreo, della macchia mediterranea, dei profumi e dei colori. Vivere a colori, una canzonetta di questa estate, andata per la maggiore. Guardate i colori della natura, guardiamo i colori della natura. Narrare la bellezza della vita. Anche di questo ci stiamo dimenticando. Donna Violetta, il tuo matrimonio con Fernando, alle sei di mattina, nella Chiesa di Santa Maria della Neve, è il simbolo della vostra vittoria, della vittoria tua e di Ferdinando, contro le spirali della storia. La tenacia, l’amore sono stati capaci di farvi ritornare alle origini della vostra religione e di celebrare il vostro matrimonio con rito cattolico. Quella chiesa è un simbolo. Ora, il tuo Fernando riposa nel bellissimo cimitero, di fronte alla chiesa. Narrare la bellezza dell’arte, in tutte le espressioni, non solo nella danza, ma nella pittura, nell’architettura, nella drammaturgia, nella poesia, nella musica. Donna Violetta che gioca a scacchi con Šostakovič, signori, non è una scena inventata da me, sul piano narrativo, ma è la sostanza storica del suo incontro con questo grande musicista. E mi pare che donna Violetta abbia vinto anche la partita a scacchi con ilo compositore. Non si sa, però, se Šostakovič l’abbia fatta vincere per pura cortesia nei confronti di una bella e giovane signora, grande artista, oppure se abbia realmente vinto Violetta. Io credo che donna Violetta abbia vinto da sola! L’arte, la danza. Quando un danzatore si esprime in un balletto, sembra tutto semplice, così come quando si vede una scena di un film. Nessuno sa cosa ci sia dietro. Se dietro una scena da film c’è una sceneggiatura, gli studi, la regia, la musica, le luci, il trucco, i costumi, nella danza c’è un corpo in movimento, un corpo in movimento che è stato educato al movimento. E quello è un movimento di sacrificio, un movimento di grande rigore. La bellezza dell’amore. Ecco, io ho cercato di narrare, in tutti i miei libri, la bellezza. Ho narrato la vita delle persone, non solo della Callas, di Nureyev, di Zarko Prebil, dei grandi musicisti e dei grandi coreografi. Uno dei più bei complimenti, che mi è stato fatto, è che nel libro c’è un secondo libro: l’indice di balletti. Questo è merito di Riccardo Piroddi, al quale dobbiamo tributare un applauso, per le sue ricerche. È un libro nel libro, che, non solo ha decongestionato la scrittura, evitando appesantimenti citazionistici, ma fornisce, a chiunque voglia capire qualcosa di più, senza necessità di ulteriori approfondimenti, importantissime informazioni. Il centro di tutta la mia narrazione è la persona umana, la bellezza della persona umana, qualsiasi persona umana. Si tratta di persone e, guardandovi dentro, si scorge tutta la storia del mondo, tutta la storia dell’umanità, se ci si vuole salvare. Perché, se si perderà l’ancora della salvezza della persona umana, il mondo e l’umanità saranno perduti. Ma questo non accadrà, fin quando saranno scritti dei libri. Fino a quando vivranno persone come Violetta Elvin, donna di coraggio, donna d’amore, donna di vita, donna di arte. Un esempio per me e per tutti voi. Grazie!
Violetta Elvin
E’ vero che io ho amato e amo questa terra e qui morirò. Devo chiedere scusa a mio marito, perché sono in ritardo. Negli ultimi anni, mi ripeteva: tu sei sempre stata precisa nel tuo per lavoro e, adesso, mi fai aspettare! Spero che lui mi perdoni per questo ritardo nel ricongiungermi a lui. La bellezza sorrentina comincia dal Monte Faito e termina dove io riposerò. In quel cimitero, se si va in fondo a destra, si vede Capri, a sinistra, Salerno, Amalfi e Positano. Tutti luoghi bellissimi. Questa terra è stupenda, conosciuta in tutto il mondo. Anche le sue canzoni. In Russia tutti cantavamo “‘O sole mio”, tradotta. Anche io la cantavo. Sono stata molto fortunata a vivere qui. Lasciare il lavoro è stato difficile, perché lo amavo, ero fanatica. Io mi sento triste quando vedo i giovani fare qualcosa che li annoia. Devono sempre cercare di scegliere qualcosa che gli piaccia. Io mi considero fortunata di avere avuto il lavoro di ballerina però, quando è arrivato il momento, ho deciso io di smettere. Non mi potevo permettere di ascoltare consigli, perché se avessi sbagliato, non avrei potuto accusare nessuno, ma solo me stessa. Sono molto grata per la vostra splendida accoglienza. E’ un grande onore e ne sono molto lusingata. Grazie!