13/10/2016
(Il resoconto integrale è stato curato da Riccardo Piroddi)
Vincenzo Califano, Giornalista
Buonasera. Do il benvenuto al professor Raffaele Lauro, di cui stasera presentiamo il terzo volume de “La Trilogia Sorrentina”, intitolato “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, dedicato alla danzatrice russa Violetta Elvin, vedova di Fernando Savarese, la quale sarebbe dovuta essere nostra ospite stasera, ma la giornata meteorologica, certamente non delle migliori, ne ha sconsigliato la presenza. A lei rivolgiamo un affettuoso saluto, in questa serata dedicata all’opera di Lauro, che commenteremo con gli interventi in scaletta. Prima di passare la parola al sindaco Vincenzo Iaccarino e all’assessore all’Identità Carmela Cilento, do il benvenuto alle nostre relatrici: Patrizia Marotta, docente di Materie Scientifiche, Emilia D’Esposito, docente di Materie Letterarie, Floriana Cafiero e Patty Schisa, ballerine, maestre di danza e coreografe, Rosellina Russo, già presidente della Provincia di Napoli, e Fabrizio d’Esposito, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, cui è affidato l’intervento conclusivo. Desidero, adesso, fare una breve riflessione sulla figura del nostro Autore e sul suo lavoro di scrittore, che seguo da anni, nella sua ricca e variegatissima produzione letteraria, saggistica e narrativa, che lo rende uno dei personaggi della nostra terra, culturalmente più conosciuto e apprezzato, a livello nazionale e internazionale, visto che le sue opere, ormai, vengono tradotte in diverse lingue e vengono presentate all’estero, nei famosi tour che Lauro organizza ogniqualvolta pubblica un suo lavoro. Questa è, certamente, una novità, perché prima de “La Trilogia Sorrentina” Lauro abbandonava i suoi libri un attimo dopo l’uscita in libreria, lasciandoli al proprio destino editoriale, preso da una miriade di attività, soprattutto di carattere istituzionale, ai vertici dello Stato. Del resto, il curriculum vitae e professionale del professore, che val la pena di conoscere attraverso il sul suo sito web, mostra le ragioni di un successo umano, professionale, politico e letterario, che, però, non l’ha mai, dico mai, allontanato dalla sua terra, nonostante viva, ormai, da quarant’anni, a Roma. Un amore per la sua terra, per le sue origini, per la sua famiglia, per i suoi tanti amici, che si rinnova ogniqualvolta pubblica un nuovo lavoro, con quella intensità che solo un grande docente è in grado di mettere in campo, per dare ogni volta il meglio di sé e offrire, specialmente ai propri conterranei, una lettura appropriata di vicende e di fatti storici, così come di persone e personaggi, che hanno scandito diverse stagioni della sua esperienza di vita sorrentina e peninsulare. Voglio richiamare alla vostra attenzione il commento su uno dei primi libri narrativi scritti da Lauro, intitolato “Quel film mai girato”, presentato, a Roma, nell’ottobre del 2002, dal compianto Gian Luigi Rondi, di recente scomparso, al quale va il nostro affettuoso ricordo. La riflessione di Rondi si sofferma sul personaggio chiave della produzione letteraria di Lauro, donna Angelina, di cui vi richiamo un passaggio significativo: “Quando ho finito di leggere il libro, a parte l’emozione di quell’incontro con la madre, che mi ha ricordato troppo da vicino la mia, e i miei atteggiamenti nei suoi confronti, e i miei discorsi con lei e le indicazioni e gli accenni morali e religiosi e anche, e questo l’ho condiviso, per alcuni dolorosissimi mesi, gli accenni alla morte, mi sono anche trovato a riconoscere una data, una situazione, un’evoluzione politica che non è mai cronaca. Perché questo è il grande dono che non è stato ancora banalizzato in questo scrittore, di non fare mai cronaca. Si rifà alla cronaca per farne una rilettura, una rivisitazione, una reinterpretazione a livello letterario e, perciò, anche a livello poetico. Io ho trovato in molte pagine della vera poesia. In altre ho trovato della sociologia, in altre dell’antropologia, in altre una fonte continua di emozioni. Adesso ho saputo, l’ho appreso in questi giorni, che questo libro è il risultato di un film, come dice il titolo, mai girato, perché si doveva preparare per la televisione una rievocazione, in prima persona, da parte di donna Angelina, della sua vita e dei personaggi, da lei conosciuti, nel corso di un secolo. Certamente al figlio sarà dispiaciuto che questo film non si sia realizzato. Da critico di cinema, da personaggio che nella televisione ha vissuto e continua a vivere, partecipando a tante sue manifestazioni, posso dirvi che non è stato un male. Posso dirvi che questa storia, così com’è scritta e non è dotata delle immagini del cinema, o delle immagini persino più sfuggevoli della televisione, ha una capacità di penetrazione nel lettore, una profondità di analisi che il cinema, anche purtroppo il migliore, trascura”. Questo è il senso autentico delle opere letterarie di Lauro, il quale, nella sua trilogia, con “Sorrento the Romance - Il conflitto, nel XVI secolo, tra Cristianesimo e Islam”, “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento” e quest’ultimo, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, rende uno straordinario omaggio a storie, a personaggi, a vicende storiche, umane, artistiche e professionali, il cui fascino è custodito, gelosamente ed esclusivamente, nelle pagine di questi libri, che diventano viaggio, esplorazione di luoghi e di sentimenti, di passioni e di violente contraddizioni, trovando, nella straordinaria terra sorrentina, un comune denominatore fatto di gioia, di bellezza, di amore infinito per il dono fattoci da Dio di nascere e di vivere qui. Queste opere e, in particolare, la trilogia, sono l’eredità morale e intellettuale che Lauro affida alla sua terra e alle sue genti, affinché la conoscenza e la cultura che emancipano l’uomo, rendendolo veramente libero, possano diventare lo strumento ideale per promuovere e affermare, nel mondo, la nostra identità, un patrimonio prezioso, in grado di renderci davvero ricchi, se soltanto sapremo apprezzarlo e valorizzarlo. Ecco il senso di questo incontro che, sotto la regia sempre attenta e accurata di Raffaele Lauro, è diverso da qualunque altro, perché ciascuno di essi affronta, da differenti angolazioni, l’interpretazione l’opera del nostro scrittore. Il Comune di Piano di Sorrento può vantare una straordinaria attenzione a questi temi culturali e, in particolare, al valore del libro, che, nel corso degli anni, ha visto la stessa municipalità editare opere di sicuro valore. Il libro di Lauro arricchisce questo nostro patrimonio comunale e diventa anche strumento di promozione per il nostro paese e per la terra sorrentina. Grazie!
Vincenzo Iaccarino, Sindaco di Piano di Sorrento
Buona sera. Grazie a tutti voi, che siete qui, stasera, alla presentazione dell’opera del mio amico Raffaele Lauro, il quale, oltre ad essere stato il maestro di tanti giovani della nostra terra, è un politico di spessore, un uomo di cultura, uno scrittore, ma, soprattutto, un uomo che ama la sua terra. Voglio sottolinearlo: l’amore verso la propria terra e la ricerca dell’identità, che dovremmo perseguire tutti, scoprendoci parte attiva e parte viva della nostra terra, rappresentano i segnali più forti dell’opera di Lauro. “La Trilogia Sorrentina”, partita con “Sorrento The Romance - Il conflitto, nel XVI secolo, tra Cristianesimo e Islam”, una storia in cui si è intrecciato il profilo storico e la fede, seguita da “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”, che ha celebrato il canto e la poesia di ospiti, passati per la nostra terra, innamoratisi di essa a tal punto da comporre una canzone dal successo mondiale, e, infine, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, la storia di una danzatrice russa, Violetta Elvin, che ha trovato il rifugio dell’anima a Vico Equense, ci mostra l’importanza delle nostre radici e l’attaccamento alla nostra terra. Raffaele Lauro ha tracciato questo percorso col cuore e con grande maestria. Avere, qui, il professor Lauro è importante, perché abbiamo verificato, anche in altri momenti, come lui abbia dimostrato un attaccamento a Piano di Sorrento e abbia voluto presentare, qui, la sua opera. Per questo, lo ringrazio e gli sono grato. Oggi, abbiamo tra gli ospiti, maestre di danza, che hanno formato tante giovani generazioni di ragazze. Ringrazio Patty Schisa e Floriana Cafiero, le quali hanno dato l’anima a quest’arte bellissima, che rappresenta anche la storia di Violetta Elvin. Voglio, adesso, ricordare una cittadina di Piano: la compianta Raffaella Pandolfi. Ha dedicato la sua vita alla danza e ha dato tantissimo ai nostri giovani. Grazie. Grazie a tutti!
Carmela Cilento, Assessore all’Identità
Buona sera. Grazie a voi tutti per aver accolto il nostro invito. Ringrazio il professor Lauro, il quale non ha bisogno di alcuna presentazione. E’ un illustre accademico e un uomo che ha rivestito importantissimi ruoli istituzionali, da prefetto a senatore. Un uomo che ci ha regalato questi splendidi libri, che compongono “La Trilogia Sorrentina”. L’opera che presentiamo stasera, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, la conclude e rappresenta, insieme con le altre della trilogia, un complesso inno alla bellezza della nostra terra, ma non solo. Anche alla bellezza artistica umana. Un inno, quindi, alla bellezza in senso assoluto e all’amore. Attraverso gli occhi, il cuore e i sentimenti dei protagonisti di questi libri si percepisce l’amore che l’autore nutre per questa sua terra d’origine, la nostra penisola. L’amore ha pervaso anche la vita di Violetta, donna straordinaria e coraggiosissima. Il suo amico Zarko Prebil, nel libro, le dice: “Sei stata coraggiosa, perché hai abbandonato il tuo io per il noi”, riferendosi all’abbandono di una vita di fasti, di celebrità, di luci e di applausi, per scegliere una vita più discreta, più intima e più genuina. Una vita familiare. La madre di Violetta, quando è venuta qui, in Italia, è rimasta rapita dalle bellezze della nostra terra. “In questa terra, che tu hai scelto come dimora, risuona il canto della bellezza della vita. I tuoi occhi, Violetta, per quanto tempo ancora riusciranno a reggere tanta meraviglia?”. Violetta le risponde: “Non mi è dato sapere, né mi interessa sapere. Chi vive d’arte e d’amore, vive già nell’eterno!”. Ecco la dicotomia tra l’immanenza del tempo rispetto all’eternità dell’arte. Queste parole devono essere, per noi, un invito e un monito ad amare la nostra terra e a prendercene cura, con amore e con dedizione. Per questo, ringrazio il professor Lauro e lascio la parola agli altri relatori, i quali arricchiranno questa serata con le loro riflessioni. Grazie.
Patrizia Marotta, Docente di Materie Scientifiche
Buona sera a tutti! Con sincera emozione e con un pizzico di follia sono qui, stasera, di fronte a voi, per condividere alcune riflessioni, che la lettura del romanzo del professor Lauro ha suscitato in me. L’emozione è dovuta al fatto che, pur essendo avvezza a parlare ad un pubblico attento ed esigente, qual è quello degli allievi, che da trent’anni, ormai, ho quotidianamente di fronte, come insegnante del Liceo Salvemini, stasera affronto un’occasione certamente diversa. Mi trovo di fronte a personalità dal calibro intellettuale e culturale di gran lunga superiore al mio. Eppure, cercherò di vincere la ritrosia per interpretare, da insegnante, il messaggio, uno dei tanti messaggi, che questo libro offre al lettore. La storia della danzatrice russa è tale da indurre di continuo nuovi spunti di riflessione, nuovi tasselli al dipanarsi di ragionamenti, di sensazioni, di emozioni. Si potrebbe obiettare: ma qual è il nesso tra una docente di scienze e la storia di Lady Violetta? Ebbene, di nessi ce ne sono più di uno. La danza, certamente, è arte, ma è anche scienza, una dura scienza, fatta con metodo e rigore scientifico, nella ricerca della perfezione del gesto e del movimento. Già questo può aprire una serie di considerazioni, ma il motivo principe per cui ho accettato di confrontarmi con voi, stasera, è soprattutto il seguente: la storia della vita di Lady Violetta è una storia didattica e, pertanto, può considerarsi interessante per una docente. Le riflessioni che vi sottopongo, oltre dalla lettura del romanzo, sono nate nel corso della prima presentazione di questo libro, nella magica serata di Vico Equense. Orbene, sono riflessioni da insegnante e da mamma, sgorgate dal profondo del mio animo e rielaborate nel corso di conversazioni con amiche-colleghe carissime. Ne cito alcune: la professoressa Auxiliadora Bartolomeo, la professoressa Cristina Tramontano e la professoressa Luisa Carrino. Esse, in maniera diversa, mi hanno ispirato e quasi affidato tante considerazioni sulle problematiche che affliggono i giovani e, soprattutto, le giovani donne di oggi. Dunque, venendo al tema, come si coniuga tutto ciò con la storia personale di Violetta Elvin? La storia di Lady Violetta, come mi permetterò di chiamarla, offre chiare indicazioni su come aiutare i giovani, le ragazze, nell’età più delicata della formazione della loro personalità, affettività e sviluppo delle adulte che diventeranno. La storia personale di Lady Violetta è quella di una giovane donna molto “avanti”, molto proiettata verso l’affermazione di sé. In un’epoca in cui, in Penisola Sorrentina, ad esempio, le ragazze erano, già quasi dalla nascita, destinate ad un futuro di mogli e madri, legate alla famiglia propria e, poi, a quella da formare col matrimonio, Lady Violetta, no. Cresce in un ambiente familiare, che la spinge allo studio, all’arricchimento culturale e alla valorizzazione di un incredibile talento naturale: la danza. Sicché, Lady Violetta, prestissimo, si stacca dal nucleo familiare, studia, viaggia e lavora, prima a Mosca e, poi, all’estero, a Londra e in altre grandi città e capitali internazionali. Lady Violetta vive eventi dell’Europa del tempo, che oggi si studiano sui libri di storia. Ma, ad un certo punto, il caso, la sorte, la fortuna, conducono Lady Violetta ad un bivio: e, qui, la scelta, il rischio. Lady Violetta, ormai prossima al culmine di una carriera sfolgorante, a suo agio in ambienti di massima rilevanza internazionale, capita a Vico Equense. E qui accade l’imprevisto. Incontra l’amore. Un amore che deve essere stato sconvolgente, assoluto, totalizzante, per un uomo evidentemente capace di far impallidire, rendere evanescenti, tutti gli altri uomini, che pure lei ha incontrato lungo il suo cammino e abbagliato con la sua bellezza, la sua grazia, la sua eleganza e la sua intelligenza. E allora, ecco il bivio e la necessità di una scelta. Potremmo dire: il caso dell’incontro e la necessità di una scelta. Lady Violetta con mano ferma e sicura cambia la sua rotta e getta l’ancora nel meraviglioso mare di Vico Equense. Di sicuro, così come è evidente a tutti noi, di questa scelta, nonostante il rischio corso, Lady Violetta non si è mai pentita ed è stata una donna, una moglie e una madre, felice di quella scelta, di quella decisione. Ecco il messaggio che io ho colto, come madre e come insegnante. Il messaggio da trasmettere ai giovani è tutto qui. Lady Violetta ha rinunziato alla carriera sfolgorante, alla vita brillante delle capitali straniere, ai viaggi frenetici, alla costante mondanità di certi ambienti, alle feste regali che di sicuro, in quegli anni, costellavano la quotidianità di artiste grandissime. Lady Violetta ha scelto, in un certo senso, l’essere, più che l’apparire. Lady Violetta ha scelto di essere donna, moglie e madre, piuttosto che esclusivamente ètoile. Ha ascoltato la voce del suo cuore, il richiamo dal profondo della sua anima. Il messaggio per i nostri giovani potrebbe, dunque, essere questo: ragazzi, ragazze, non abbiate paura di fare sacrifici, scelte e, nel caso, rinunce. Certo, meditate, ponderate, valutate, ma poi scegliete quello che vi fa stare bene nel vostro intimo. Noi donne, in particolare, in questo siamo infallibili. Noi sentiamo sempre, senza esitazione, chi, cosa, ci fa sentire bene, in pace con noi stesse. Lady Violetta lo sentì. E, dunque, non bisogna avere paura di fare la scelta, quella scelta che ci porta verso la serenità interiore. Lady Violetta scelse di lasciare Londra, ma anche la Russia, Mosca e chissà quali altre prestigiose destinazioni per la piccola Vico Equense. Tutto ciò che, ora, sappiamo su Lady Violetta è un caso particolare di un discorso che sta molto a cuore a noi educatori (e, tra gli educatori, includo, in primis, i genitori). Recentemente, il nostro dirigente scolastico, la professoressa Patrizia Fiorentino, ha voluto condividere con noi docenti alcune riflessioni sul pensiero di Edgar Morin e sulla sua metafora della “testa ben fatta”, che egli riprende da Montaigne. La sfida, dunque, è formare menti capaci di porre e risolvere problemi. I nostri giovani dovranno, soprattutto, essere capaci di risolvere problemi globali. Noi educatori costruiamo conoscenza e, di fronte ad una realtà mutevole e complessa, i ragazzi devono saper correre rischi per compiere scelte. I docenti, in particolare, siano operatori di connessione tra i vari saperi, perseguendo una visione olistica della formazione. Citando la frase di Rousseau dall’“Emilio”: “Vivere è il mestiere che io voglio insegnargli”, io credo che la storia di Lady Violetta possa aiutare enormemente i giovani a vivere, analizzando una vita del tutto particolare, come è stata la sua. Noi docenti possiamo, quindi, condividere con i nostri allevi molte riflessioni su questa grande storia di vita. Se è vero che è bene educare emozionando, nessuna storia è più adatta a ciò di quella di Lady Violetta. Ecco, a questo punto, come madre e docente, attenta e sensibile ai problemi dei giovani, sento di volermi fermare, poiché comincio a parlare un po’ troppo di scelta, di vita, di felicità. E mi piacerebbe che, a continuare, ci fosse un filosofo, poiché ho accennato a concetti che sono il fulcro del pensiero umano, da secoli! Concludo, quindi, condividendo con voi un sogno. Noi il filosofo lo abbiamo! Se è vero che questo romanzo chiude un ciclo, ebbene, se ne potrebbe aprire un altro. Il professor Lauro, il quale, da scrittore ha saputo svelarci questo tesoro di persona che ha scelto Vico Equense per amore, ora, da filosofo, ci sveli la sua personale weltanschauung, ci mostri la sua visione della vita, quella visione che lo rende così meravigliosamente attivo, positivo, entusiasta, in tanti campi del sapere. In un’epoca in cui i sogni sembrano svaniti, i sentimenti sono soffocati, l’amore, per molti, è merce di consumo e la felicità è il possesso dell’ultimo modello di telefonino, la storia di Lady Violetta, in tal senso, è paradigmatica. Un archetipo. Questo è il messaggio che io ho recepito e che dovrebbe essere sottoposto ai giovani. Voglia il professor Lauro aprire un nuovo ciclo: quello della condivisione del suo sapere filosofico, quello dell’apertura del suo enorme patrimonio esperienziale e umano, al fine di fornirci uno spunto di riflessione e un barlume di luce, nel difficile percorso che è la vita. Il professore ha saputo portare alla luce l’enorme patrimonio umano, custodito nella vita di Lady Violetta e, nel ripercorrere le sue tappe esistenziali, ha potuto, inoltre, suscitare in noi domande e riflessioni di stringente attualità. Il professor Lauro ha un talento rarissimo: la sua sensibilità, coniugata ad una cultura immane, prima con Lucio Dalla e, poi, con Lady Violetta, è riuscita a portare alla luce aspetti privatissimi e umanissimi della personalità di questi grandi artisti, avvicinandoli a noi in una maniera incredibile. E’ riuscito a squarciare veli impenetrabili, mostrandoci, così, la profonda humanitas di grandi personaggi, che entrano, ancor di più, a far parte della vita di noi tutti, per non uscirne più. Grazie per l’attenzione.
Emilia D’Esposito, Docente di Materie Letterarie
Buon pomeriggio e benvenuti a tutti. E’ un onore, oltre che un piacere, per me, essere stata invitata dal professor Raffaele Lauro alla presentazione di questo terzo romanzo, conclusivo de “La Trilogia Sorrentina”. Quest’opera, come, del resto, le due precedenti, rappresenta un inno alla vita, alla gioia e all’amore. L’amore per l’arte, per la vita e per la propria terra. Ed è questo amore il filo rosso che lega i tre romanzi. In essi, l’autore utilizza gli occhi, il cuore, i pensieri, la parola e i sentimenti di personaggi, quali Marino Correale, Lucio Dalla, Violetta Elvin. Esalta la nostra penisola e costiera sorrentino-amalfitana, inneggia a sentimenti e a valori autentici e universali, ci dota di “chiavi d’accesso”, siano esse l’arte, la fede, la musica, la danza, per penetrare nel segreto dell’esistenza e sondarne, razionalmente, l’inconoscibile. La trama di “Dance The Love - Una stella a Vico Equense” presenta un filone principale. La storia di Violetta, una ballerina russa che ha danzato nei più importanti teatri del mondo: dal Teatro Bol’šoj, in Russia, al Royal Ballet di Londra, ai più prestigiosi teatri italiani, fino al momento in cui ha scelto di abbandonare la danza, per dedicare la sua vita al suo amore e alla sua famiglia. La vicenda è collocata in un contesto storico, politico e ideologico, che viene ricostruito con scrupolo e con rigore documentario. A tal proposito, l’autore dimostra la straordinaria capacità di coniugare la precisione storica con la freschezza della sintesi. Intorno alla vicenda di Violetta ruota una galleria di personaggi secondari del mondo della danza, dell’arte, della cultura, che l’autore tratteggia semplicemente, lasciando a noi lettori la curiosità di completarne i dettagli e ricostruirne la complessità, coadiuvati in ciò da un ricchissimo indice di oltre sessanta pagine, a corredo del testo. Se è vero che, in un romanzo, l’autore si racconta e si comprende, allora, metaforicamente, questo romanzo può diventare uno specchio, dove guardare e trovare una parte di noi stessi, che riflette situazioni e stimoli per analisi e riflessioni. Romanzo didascalico, dunque, che parla alle donne, ai giovani, agli uomini. Un libro per le donne, perché ne celebra la grandezza, la potenza salvifica, l’energia, la forza, il coraggio, la determinazione, la capacità di scegliere e, allo stesso tempo, di sacrificare ciò che amano. Violetta Elvin è una donna, una donna coraggiosa, amante della libertà e curiosa del mondo, della natura e dell’arte, determinata e passionale, la quale, per tutta la vita, ha lottato per raggiungere gli obiettivi che si era prefissa: la libertà, la carriera e l’amore, quello vero, assoluto, autentico, che tutti siamo in grado di riconoscere quando lo viviamo. Violetta è una donna che è riuscita pienamente, direbbe D’Annunzio, a costruire la sua vita come un’opera d’arte, assaporandone tutte le sfaccettature. In ogni stagione della vita ha saputo cogliere i frutti: nella primavera della sua giovinezza, in Russia, ha forgiato il corpo, l’anima e la volontà, per acquisire una professionalità che le consentisse di evadere dalla gabbia di un regime totalitario e oppressivo; l’estate della sua maturità artistica l’ha vista danzare nei teatri più prestigiosi del mondo, assaporare successi e trionfi, incontrare e confrontarsi con grandi coreografi, straordinari ballerini, raggiungere l’apice del successo professionale e lasciarsi alle spalle il dorato mondo artistico, per seguire il suo unico, grande amore; oggi, infine, vive il caldo autunno della sua età, tra i sapori, gli odori, i colori, di questa affascinante terra, circondata da persone che la amano profondamente. Il messaggio di Violetta alle donne è quello di seguire le proprie passioni, sempre e comunque. Passioni che devono essere sintesi di mente e cuore, che devono spronare ad osare, a sognare l’impossibile e a realizzarlo, tenendo, però, presente che, spesso, non è necessario fare voli pindarici, reali o virtuali. Per conquistare la felicità, basta saper apprezzare e valorizzare quello che abbiamo a portata di sguardo. “Spesso noi cerchiamo nell’amore obiettivi lontani, mentre trascuriamo i traguardi vicini, a portata di mano, che sono sotto i nostri occhi”. Violetta, con il suo esempio, ci esorta ad avere il coraggio di mettere sempre l’amore al primo posto, anche se ciò comporta il dover sacrificare la propria individualità. “Amare sinceramente una persona, senza fare compromessi, senza dover inseguire il tempo da condividere insieme, può diventare un’opera d’arte. Ci vuole coraggio e non tutti abbiamo avuto (o abbiamo) questo coraggio di abbandonare il nostro io per il noi”. Un libro per i giovani, perché questo è un romanzo di formazione, in quanto segue la vicenda di Violetta, dalla nascita alla maturazione, e ne esalta la coerenza, il rigore, l’apertura al dialogo tra le culture, la sensibilità artistica e la fede incrollabile, che fortifica e orienta le scelte. I giovani, leggendo questo romanzo, condivideranno, con Violetta, i sogni e gli obiettivi, che sono quelli di tutte le generazioni: la realizzazione professionale, l’amore. Ma, allo stesso tempo, comprenderanno che solo con l’impegno e l’autodisciplina si possono conseguire questi obiettivi, che il segreto del successo è la perseveranza verso lo scopo e che non bisogna passivamente aspettare i momenti opportuni, ma attivarsi per crearli. E che non sono le gabbie ad impedire i voli. Con Violetta, loro coetanea, ai tempi dello stalinismo, sperimenteranno l’orrore della perdita della libertà, comprenderanno che libertà e regole sono due facce della stessa medaglia, e che, spesso, la conquista della libertà impone sacrifici e rinunce. Violetta segue, con tenacia e determinazione, il miraggio della libertà verso l’Inghilterra democratica, sacrificando la vicinanza ai genitori. Sceglie la libertà di amare Fernando e rinuncia alla sua carriera. Da tante pagine di questo romanzo emerge come le emozioni governino la nostra esistenza, orientino le scelte da intraprendere, ci forniscano quella bussola interiore, senza la quale saremmo unicamente preda delle scelte altrui. I giovani, quindi, comprenderanno che è importante lasciarsi guidare nelle scelte dal filo invisibile delle emozioni. “La felicità è come un treno che passa. Se non sali in tempo perché sei distratto o pensi ad altro, il treno non torna più”. Infine, un libro per gli uomini, perché parla di uomini, di uomini spietati come Stalin, eclettici come il padre di Violetta, geniali come i tanti artisti e coreografi menzionati, capricciosi, eccessivi, ribelli, come i ballerini che Lauro, con la magia della sua arte descrittiva, ci fa vedere volteggiare nei grandi teatri. Ci sono uomini potenti che esercitano il potere politico per offendere e tiranneggiare, uomini di cultura, uomini dotati di coraggio, sensibilità, inventiva, uomini ricchissimi, che riempiono le donne di gioielli, per colmare i vuoti creati dal loro egoismo, svuotandole della loro capacità di vivere. Poi, c’è lui. L’uomo di cui si innamora Violetta: Fernando Savarese, un uomo paziente e premuroso, che ci colpisce per la delicatezza dei suoi sentimenti, per la determinazione del suo impegno nel conquistare Violetta, per l’eleganza con cui entra, in punta di piedi, nella vita di Violetta, per affondarvi le radici e rubarla al teatro. Ma, attenzione, senza mai farle rimpiangere la sua scelta. È facile, infatti, amare una donna quando ha venti o trent’anni, nel pieno della sua prorompente e straordinaria bellezza fisica. Fernando ha continuato ad amarla e a tenerla per mano anche quando il suo incedere è diventato più incerto, “dimostrando, ogni giorno, di non tradire mai la sua fiducia e le sue promesse d’amore, di affetto e di tenerezza”. “Fu un reciproco atto di follia creatrice”, scrive Lauro. Questo il messaggio da cogliere: non basta essere folli e creativi, esclusivamente nel momento in cui si sceglie una donna. Amarla richiede che, nel tempo, permanga un po’ della follia iniziale e si continui a dimostrare tanta capacità creativa, per non farla mai pentire della sua scelta. Concludo con l’invito a leggere questo libro, affinando i sensi, soffermandosi sulle descrizioni dei paesaggi, dei panorami della nostra penisola, di Capri, del Monte Comune, per notare particolari che sono sotto i nostri occhi da sempre e di cui non ci siamo mai accorti. Per individuare le bellezze del nostro paese è importante affinare lo sguardo e lasciarci guidare in questa scoperta da uno scrittore che, nato nella nostra penisola, se n’è, poi, allontanato e, forse, questo “osservarla” a distanza gli ha affinato la capacità di coglierne il fascino. Il romanzo ci invita ad innamoraci del nostro paese, come ne è innamorato Raffaele Lauro, per valorizzarlo, esaltarlo e rispettarlo Ma anche ad innamorarci della vita, come fa donna Violetta, la quale, a 93 anni, conserva ancora la capacità di sognare. Il suo sogno finale, una sorta di voce dell’anima nel bilancio dell’esistenza, ci sussurra che, nella vita, il vero tempo vissuto intensamente è quello delle emozioni. Grazie a tutti per l’attenzione e grazie a Raffaele, per aver dedicato questo terzo libro della sua trilogia ad una donna.
Floriana Cafiero, Ballerina, Maestra di Danza e Coreografa
Buona sera a tutti. Sono stata felicissima ed entusiasta di poter partecipare, nella mia terra d’origine, alla presentazione di questo libro del professor Lauro. Ho ricevuto l’invito da Vincenzo Califano, in un momento soave. Eravamo in riva al mare, infatti, quando mi ha proposto di intervenire a questo incontro. Al professor Lauro ho già manifestato il mio entusiasmo, in quanto ho divorato questo libro, perché dedicato ad una persona da me conosciuta. Ho incontrato Violetta Elvin al Teatro di San Carlo, a Napoli, perché ho lavorato lì, quando lei, nonostante avesse abbandonato il mondo della danza, era rientrata, in punta di piedi e per un breve periodo, come direttrice del prestigioso teatro. Ricordo ancora il mio primo incontro con Violetta Elvin. Una donna con un caschetto biondo, molto elegante. Un misto di dolcezza e di determinazione. Nel libro di Lauro sono riuscita a cogliere tanti intrecci della mia vita con quella di Violetta. Anch’io sono stata danzatrice, prima al Teatro di San Carlo e, poi, per trent’anni, ballerina solista dell’Arena di Verona. Ho avuto modo di conoscere tutte le persone che hanno fatto parte della vita artistica di Violetta. Il Maestro Zarko Prebil, il quale, in un momento difficile del San Carlo, quando non era consentito a noi artisti di poter studiare, mi scelse per frequentare l’Accademia e mi volle con sé per insegnarmi le diverse variazioni del repertorio classico. Allo stesso modo, un’altra persona, familiare a Violetta, che Lauro non ha citato nel romanzo, ma che ho avuto modo di conoscere proprio a Vico, da Violetta, e, poi, anche in ambito artistico: il famoso ballerino Vladimir Vasiliev, con cui ho condiviso diversi spettacoli all’Arena di Verona, come “Zorba il greco”, in una cornice splendida. Nel libro, Violetta, con la voce di Raffaele Lauro, cita la bellezza e la passione per l’arte. Una raccomandazione le fa l’insegnante del Teatro Bol’šoj, nel momento in cui lei compie il passo d’addio, invitandola a danzare in un contesto bellissimo. Questa è una cosa importantissima. Le dice: “Tu sei stata come una pietra preziosa, che era ruvida e, poi, è stata levigata. Una pietra preziosa, però, non ha valore di per sé. Lo acquista nel momento in cui è inserita in un diadema, in un anello, in un gioiello”. Facendo una similitudine, una ballerina diventa veramente preziosa quando è inserita in un contesto meraviglioso, con una grande orchestra, con una grande coreografia e, soprattutto, quando riesce a far convivere le proprie emozioni con il grande pubblico. Ricordo ancora le parole del mio maestro, quando mi accolse nella scuola di danza professionale, a Napoli: “Guarda, hai deciso di studiare danza, ma sappi che la danza è una disciplina durissima. La musa della danza, Tersicore, è una musa gelosa!”. Chi vuole dedicarsi a lei deve sacrificare, sul suo altare, anni di duro lavoro e di impegno, per ottenere risultati. Posso dire che il sacrificio, la disciplina e l’impegno sono ampiamente ripagati dall’emozione immensa, che si prova nel danzare per il pubblico, portando in scena, ogni sera, la propria vita. Al di là di qualsiasi altra cosa, voglio lanciare un messaggio ai giovani: avere una passione nella vita è importantissimo, perché è ciò che ti permette di superare anche i momenti più duri e difficili. Avere una passione ti porta a vivere a 360 gradi. La danza non è soltanto un’amante. E’ cultura. Dostoevskij ha detto che la bellezza salverà il mondo. Io dico che l’arte, in particolare la danza, salverà il mondo. Richiamando la passione comune con Violetta per la pittura, ricordo il quadro di Matisse, “La danza”, visto all’Hermitage di San Pietroburgo, in cui dei danzatori emergono dalla terra, danzando, in cerchio, intorno al mondo. Anche la danza ha segnato sempre la mia vita. E’ la mia passione e la mia missione di vita: riuscire a trasmettere questa passione ai giovani. Credo di esserci riuscita con le mie allieve, a cui ho insegnato nel corso di trent’anni, e anche con le mie nipoti. Ho delle nipoti fantastiche, che frequentano la scuola professionale del San Carlo. La mia gioia più grande è vedere i loro occhi illuminati di immenso e, soprattutto, constatare la loro abnegazione, la loro volontà e la loro determinazione nel riuscire a superare qualsiasi difficoltà, pur di andare a lezione di danza. Grazie a tutti!
Patty Schisa, Ballerina, Maestra di Danza e Coreografa
Buona sera a tutti. Desidero ringraziare tantissimo il professor Raffaele Lauro, perché ha dedicato un libro alla danza. Purtroppo, in Italia, la danza è un po’ una cenerentola, in quanto i nostri teatri sono teatri più che altro lirici e, quindi, la danza è sempre alquanto messa da parte. Insegno danza da quarant’anni, in Penisola Sorrentina. Tante sono state le mie allieve, che si sono realizzate nel mondo della danza. Motivo di orgoglio, per tutti noi, deve essere un ragazzo di Fontanelle, che è arrivato a frequentare il settimo corso all’Accademia della Scala di Milano. Ho letto il libro del professor Lauro ed è stato un viaggio veramente fantastico, anche perché Violetta Elvin è una persona amata, anche dal popolo. Oggi, mi sono trovata, per caso, a Vico Equense, dove ho incontrato delle persone, che mi hanno parlato di lei. Una donna russa, che ha vissuto il mondo della danza, un mondo fantastico, pieno di fiori, di omaggi. A Londra, ad esempio, dove Violetta ha danzato per dieci anni, gli artisti sono molto amati dai loro fans, a differenza dell’Italia. Oggi si vede Violetta, da semplice donna, passeggiare per Vico Equense, amata dalla gente comune, perché ha qualcosa di diverso, perché la danza dà qualcosa di diverso. Io dico sempre che la danza rappresenta un imprinting, che le ragazze e i ragazzi portano con sé per la vita. È vero, è piena di sacrifici, però le emozioni, i traguardi, il raggiungere gli obiettivi, oggi, per i giovani, è molto importane, anche se ci si trova davanti a una realtà diversa, rispetto a vent’anni fa. Allora, i ragazzi pendevano tutti dalle nostre labbra, dal nostro trasmettere passione. Oggi, purtroppo, c’è internet, fattore da un lato positivo, ma, dall’altro, apportatore di confusione, che rende, spesso, i ragazzi disorientati. Questo non è positivo. La lettura di questo libro mi ha incuriosito anche per tutto ciò che riguarda la nostra penisola. Vi sono tanti elementi, luoghi, attività, cose molto semplici, che mi sono riproposta di andare di vedere. Ringrazio ancora, comunque, il professor Lauro per il bel messaggio lanciato a favore della danza. La mia vita è dedicata alla danza, perché, dopo aver danzato al Teatro di San Carlo, mi sono dedicata all’insegnamento ormai da quarant’anni. Non mi fermerò, continuerò sempre, perché, attraverso i miei allievi, io continuo a danzare.
Rosa Russo, già Presidente della Provincia di Napoli
Buona sera. Saluto tutti i presenti, le autorità e gli amici. Incipit. Quest’uomo non cessa mai di stupirmi! Parlo di Raffaele Lauro. Professore, prefetto, senatore, scrittore, animale mitologico. Una volta ebbi a dire di lui che era un’araba fenice. Oggi, aggiungerei che è anche Pegaso, il cavallo alato. Esseri che appartengono alla fantasia, o cui appartiene la fantasia. Ma veniamo al romanzo “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, che conclude “La Trilogia Sorrentina”, con “Sorrento The Romance - Il conflitto, nel XVI secolo, tra Cristianesimo e Islam” e “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”. Un inno all’amore per la nostra terra, la Penisola Sorrentina. Un inno ad una donna, Violetta Elvin. Quando uno scrittore ha terminato la sua opera e l’ha pubblicata, in quel momento, questa non è più sua. Appartiene ai lettori, che la fanno propria, vi si immergono e volano nelle emozioni, nella fantasia e nei ricordi, che l’opera stessa suscita. Grazie, Raffaele, perché, ancora una volta, mi hai permesso, attraverso la tua opera, di impadronirmi delle mie radici, di immergermi nei miei ricordi. Mi hai fatto riscoprire che il mio bisnonno materno era originario di Fornacelle, si chiamava Giuseppe Cinque, di professione “cataro”, approdò a Piano di Sorrento, per costruire il fasciame per i velieri, presso i cantieri della Marina di Cassano, e acquistò casa in Casa Lauro, dove si stabilì. Andando avanti, mi hai ricordato un cugino di Fernando Savarese, l’ingegnere Luigi, figlio di Salvatore, fratello di Antonio, che ha sposato mia cugina Rosa Russo e vive a Vico Equense. I miei migliori amici, tra i quali mia cognata Pinuccia, Salvatore Ferraro, Ettore Cuomo, Gigino Cioffi, Elsa Starace e tanti altri, tutti vicani, sono nella mia storia. Ho conosciuto Léonide Massine, perché il guardiano delle isole Li Galli, un eremita dalla lunga barba, quando abbandonava l’isola, veniva a soggiornare a casa del fratello, che abitava a pochi passi da casa mia. Così, un giorno, ci portò sull’isola, dove incontrammo il famoso ballerino.-coreografo. Torniamo al romanzo, che è un inno d’amore. Amore come scelta di vita. L’amore per la danza: impegno, sacrificio, dedizione, rinuncia. L’amore per un uomo: impegno, sacrificio, dedizione, rinuncia. Un messaggio forte, coraggioso, in un tempo in cui sono venuti meno tutti i valori fondanti della nostra cultura. Un inno alla donna. Fondamentale, nel libro, la centralità della figura femminile, un essere che fa scelte di vita, che genera vita, una figura quasi salvifica. Stasera, qui, sono presenti, intorno a questo tavolo, quasi tutte donne. Una scelta voluta dall’autore? Certamente! Tante donne riunite nella ricchezza della loro differenza, che hanno operato, nella loro vita, scelte determinate, ma tutte scelte d’amore. E, ancora, l’amore è cantato, narrato, esaltato nella descrizione della bellezza del nostro territorio. Che sia Vico o Sorrento, è la nostra Penisola, meraviglioso dono di Dio, nostro nutrimento, perché noi ci nutriamo di bellezza, viviamo di bellezza. L’amore per la nostra terra non deve soltanto essere narrato e celebrato, ma deve diventare motivo di protezione e di difesa da qualsiasi barbarie. Ed eccoci, dunque, a soffermarci sulla protagonista di questo romanzo, Violetta Elvin. La sua vicenda di donna si intreccia con un contesto storico-politico, condotto con maestria dallo storico-politico Raffaele Lauro, il quale, con rigore, inserisce la protagonista nella storia del Ventesimo secolo, partendo dalla Russia, passando per l’Inghilterra, fino ad arrivare alla piccola Vico Equense, “che non è segnata nemmeno sulle carte geografiche”, come afferma Irena, la madre della protagonista. Violetta opera scelte importanti. Sceglie di studiare danza, la sua prima scelta d’amore totalizzante. Poi, una seconda, quella della libertà, abbandonando il proprio paese d’origine. Successivamente, la scelta definitiva, quella dell’amore per Fernando Savarese, che le fa lasciare la danza, senza tentennamenti. L’autore scrive: “Era anche pronto, quell’amore, a fare scelte radicali, prima d’allora neppure immaginate, come rinunziare persino al successo, agli applausi, alla fama e all’arte, nel convincimento che una bella storia d’amore rappresentasse, essa stessa, per chi la vive, un’opera d’arte”. Violetta ama, ed è riamata, per tutta la vita, il suo Fernando. Ma nulla vieta che, in fondo all’anima, ci sia il sogno a cui abbandonarsi: quello di ritornare a calcare il palcoscenico del Teatro Bol’šoj, perché dalla danza ha tratto il dominio del proprio corpo, della propria mente, delle proprie emozioni e, quindi, di tutte le scelte di vita. A questa grande donna, venuta da lontano ad insegnarci la vera essenza della vita, dico grazie, per l’esempio di coraggio, di forza e per la scelta di vita e d’amore. Grazie a Raffaele, per averci raccontato la sua storia con tanta passione, rendendola essenza della nostra anima. Grazie a tutti.
Fabrizio d’Esposito, Giornalista
Grazie. Ringrazio voi tutti. Vorrei, innanzi tutto, associarmi alla parole di Rosa Russo sulle insegnanti e sulle professoresse, che abbiamo ascoltato. Invidio i loro ragazzi. Sono fortunati ad avere maestre del genere. Mi sono trovato davanti questo libro di Lauro, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, senza sapere cosa vi fosse dentro. Ero molto curioso, così come sono stato curioso di leggere “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”, perché, da oltre vent’anni, sono andato via dalla Penisola Sorrentina. Ho letto questo libro su donna Violetta Elvin nel viaggio in auto, da Roma a Piano di Sorrento. Ancora una volta, esso ha messo in evidenza quanto poco noi conosciamo la Penisola Sorrentina. La biografia di Violetta Elvin, riassunta e armonizzata da Lauro, per me, contiene tante lezioni. La prima lezione è quella dello stupore. Ho fatto il giornalista, sono cresciuto giornalisticamente da queste parti, eppure non sapevo che, a Vico Equense, abitasse Violetta Elvin. Nel libro, ci sono due immagini scioccanti. La prima è rappresentata dalla notte in cui nasce Violetta. Mosca, l’Arbat, che era, una volta, il quartiere degli artisti e degli intellettuali nella Russia zarista. Poi, l’Unione Sovietica, la morte di Lenin. Parliamo di una bimba, la figlia di Vasilij Vasil’evič Prokhorov, il cui padre, poco dopo la sua nascita, all’alba, si mette in fila per recarsi a rendere omaggio alla salma di Lenin, non uno degli ultimi arrivati del secolo scorso. Fissiamo queste immagini di Violetta che nasce e del padre che va a rendere omaggio alla salma di Lenin, e spostiamoci trent’anni dopo. Siamo a metà degli anni Cinquanta. Quella bimba, ormai donna, si trova su uno spuntone di roccia, sul Monte Comune, ad ammirare il panorama della Penisola Sorrentina. Lì, decide che la sua vita sarà proprio in Penisola Sorrentina. Lì, opera la sua scelta. Questa è la lezione dello stupore. Violetta Elvin sposa il primo marito, un diplomatico britannico, laburista, che lavora in ambasciata, a Mosca, riesce ad ottenere il passaporto da Stalin, lascia il paese della nascita, compie un lungo viaggio e, prima di giungere a Londra, si ferma a Leningrado, dove gioca una partita a scacchi con Dmitrij Šostakovič, uno dei più grandi musicisti del secolo scorso. Lui la fa vincere, probabilmente, per dimostrare la sua ambiguità, il suo doppiogiochismo al servizio della causa dell’arte. Un’altra scena mi è rimasta impressa. Quando Violetta, ancora in Unione Sovietica, deve trasferirsi dall’Uzbekistan a Kuybışev, nel piccolo aereo dove viaggia, sprovvisto di finestrini, vomita la frutta che aveva mangiato e il tutto finisce in faccia a Michail Šolochov, l’autore de “Il placido Don”, premio Nobel per la Letteratura, uno dei maggiori scrittori russi del XX secolo. Ecco, quindi, la dimensione dello shock e dello stupore. Stiamo ospitando, qui, in penisola, da oltre mezzo secolo, una donna, la quale ha attraversato e vissuto gli eventi principali del secolo scorso. La seconda lezione, e qui penso abbia ragione chi, prima, ha fatto riferimento a internet: la lezione del silenzio e dello stile. Viviamo circondati dal frastuono della televisione e dei social network, che, purtroppo, causano anche tragedie ai nostri ragazzi. Quando, ad esempio, vado al ristorante o mi trovo in situazioni comunitarie, mi accorgo che troppe persone non comunicano più e rimangono sempre con la testa nello smartphone. La lezione di Violetta Elvin è l’esatto opposto, perché lei decide, di punto in bianco, di operare la sua scelta di vita, non una rinuncia. Ho sentito parecchie volte il termine rinuncia. Non ne sono convinto e spiegherò perché. La lezione dello stile è quella di vivere nella sobrietà e nel silenzio, soprattutto rispetto al frastuono di oggi. Io credo che ciò sia molto importante: scomparire e vivere nel silenzio. Vivere circondati da ciò che ci è caro. La terza lezione, vivere il presente. Quando sono arrivato alla Punta Scutolo, ormai vivo fuori da vent’anni, pensavo a una frase fondamentale di Violetta, la quale dice, trovandosi sulla spiaggia a danzare, con i piedi bagnati: “Questo è il mio mare”. Questa frase l’ho pronunciata un paio di volte in vita mia, perché, pur viaggiando, pur avendo visto tante cose, io ritorno qui, perché questo è il mio mare. Chi mi ha preceduto negli interventi di questa sera, e lo considero privilegiato, perché vive ancora qui, non ha mai citato il mare. Una cosa, infatti, è vederlo tutti i giorni, come è capitato anche a me per trent’anni. Se, però, non lo vedi più, questo mare diventa il tuo mare. Quando Violetta Elvin dice: “Questo è il mio mare”, decide di vivere qui, si realizza nella sua vita. Anche da questo punto di vista il libro di Lauro ha un valore pedagogico. L’educazione ricevuta dalla Elvin in quelle due stanze, a Mosca, piene di quadri e di cultura italiana, un’educazione al bello e al talento, non è stata finalizzata a raggiungere il successo, ma realizzare la sua vita. Il successo e la fama sono sterili, passano. Siamo incapaci di vivere il presente. Ecco perché mi sono fermato a Punta Scutolo per contemplare il mare. Viviamo sempre di corsa. Violetta Elvin, con la scelta di lasciare la danza, non di rinunciare alla danza, realizza la sua vita, realizza quell’educazione che il padre le aveva dato, da bambina. Ultima lezione. Nel mondo c’è ancora chi vuole alzare dei muri. Noi guardiamo ancora con diffidenza lo straniero. La lezione di Violetta è quella di essere cittadina del mondo. Lei è russa di nascita, in Inghilterra diventa matura e, poi, sceglie, per amore, di realizzare la sua vita in Italia. Teniamo a mente anche questo. Ci sarebbe da fare un lunga riflessione, ma pongo l’accenno soltanto su uno dei dialoghi più belli del libro, quello con Maria Callas. Violetta e la Callas si ritrovano alla Scala di Milano e parlano della forza della volontà e della forza del destino. Di quanto c’è di volontà nella nostra vita e di quanto c’è di destino. Violetta riconosce un ruolo importante al destino, chiamandolo divina provvidenza. Arrivo alla conclusione. Qualche parola sulla figura e sull’opera del professor Lauro. La prima notazione è che Lauro è l’unico scrittore vivente ad avere il merito di tirar fuori la Penisola Sorrentina da una dimensione narrativa provinciale. Essa ha un respiro universale. Di questo gli sono grato. Se fossi al posto degli amministratori comunali dei paesi della costiera, darei a Lauro l’incarico di redigere una sorta di enciclopedia della Penisola Sorrentina. Le sue opere rappresentano un altissimo strumento di promozione, non soltanto turistica. Il legame tra la Penisola Sorrentina e la storia è antichissimo, non solo perché Lauro ci ha ricordato, con la sua trilogia, l’invasione, nel 1558, dei saraceni, l’Isis dell’epoca. C’è, inoltre, un filo rosso che unisce Violetta Elvin e Lucio Dalla, protagonista del secondo romanzo della trilogia, “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”: la bellezza de Li Galli, di questi luoghi, la Terra delle Sirene, la citazione di Ulisse. Ancora. Il Regno d’Italia non finì con la svolta di Salerno, quando Togliatti accettò di entrare nel primo governo De Gasperi. L’Italia repubblicana nacque a Sorrento, perché il compagno Ercoli, ossia Togliatti, tornato dall’Unione Sovietica nel 1943, ebbe il suo primo incontro qui a Sorrento, a Villa Tritone, con Benedetto Croce. Il primo governo d’Italia, quindi, si formò proprio a Sorrento. Anche nella storia recente abbiamo avuto Sorrento al centro di eventi della prima repubblica. Gianfranco Fini fu eletto segretario dell’MSI, durante il congresso di Sorrento, nel 1987. L’ultima grande corrente della Democrazia Cristiana, la corrente del golfo, fu battezzata a Sorrento. Come vedete, il legame tra la storia, la politica e questa terra è molto profondo. Poi, ci sono le processioni della Settimana Santa. Io darei al professor Lauro anche l’incarico di super-assessore alla Cultura della Penisola Sorrentina, perché questi suoi libri andrebbero tradotti e spediti in tutto il mondo. Sono un incredibile biglietto da visita di questa terra. Rappresentano il nuovo Grand Tour. Vi ringrazio per l’attenzione.