13/11/2016
(Il resoconto integrale è stato curato da Riccardo Piroddi)
Ciriaco Viggiano, Giornalista
Buona sera a tutti. Questa sera presentiamo l’ultima fatica letteraria di Raffaele Lauro. Un’opera che conclude “La Trilogia Sorrentina, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”. La straordinaria protagonista di questo romanzo è una donna capace di lasciare la danza, all’apice del successo, per inseguire un progetto di vita, forse il più appagante per una donna: quello di moglie e di madre. Una donna capace, poi, grazie all’apertura di mente e di cuore, di inserirsi in contesti speciali e di integrarsi perfettamente. Penso, ad esempio, al contesto sociale inglese, di cui Violetta Elvin fa proprio il progetto di rinascita culturale e sociale, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si integra alla perfezione anche nel contesto sociale italiano e, più in particolare, meridionale. Questo romanzo rafforza quella sottile linea rossa tra la Penisola Sorrentina, l’isola di Capri, la costiera amalfitana e la Russia. Sono terre solo apparentemente lontane, perché non solo la bellezza dei luoghi che conosciamo, ma anche una serie di vicende storiche hanno alimentato il mito della Penisola Sorrentina in Russia. Ce lo ricorda il pittore Sil’vestr Ščedrin, il quale, dopo aver soggiornato a Venezia e a Roma, rimase folgorato dalla Penisola Sorrentina, scegliendola come fonte di ispirazione principale per la sua arte pittorica. Ce lo ricordano anche i tanti esuli russi, i quali, all’inizio del ‘900, si ritrovarono a Capri. Maksim Gor’kij resterà a Capri sette anni, dal 1906 al 1913, creando un laboratorio politico e culturale, in cui tutti gli esuli rissi cominceranno a discutere di democrazia, di sindacalismo e di rivoluzione, attirando, sull’isola, un altro russo di spicco, Lenin, il quale arriverà a Capri per controllare l’ortodossia rivoluzionaria, discussa in quel laboratorio politico. Non possiamo, poi, dimenticare Positano e l’arcipelago de Li Galli. Quest’ultimo, in particolare, viene acquistato, nella prima metà del ‘900, da una stella di prima grandezza del firmamento della danza, Lèonide Massine, il quale, addirittura, voleva edificarvi un grande anfiteatro all’aperto, una scuola mondiale di danza. Ci sarebbe riuscito, se il vento e le mareggiate non glielo avessero impedito. Gli isolotti furono, poi, acquistati, nel 1989, da Rudolf Nureyev, un altro grande danzatore, il quale, però, poté goderne solo per pochi anni, dal 1989 al 1992, perché la morte lo colse all’inizio del 1993. Ci sono anche dei momenti del nostro passato più recente a confermare questa tendenza. Per la verità, negli ultimi anni, i russi hanno visto la Penisola Sorrentina non più come luogo dove ritemprarsi e curare il corpo e lo spirito, ma anche, e soprattutto, come luogo dove investire i loro capitali e fare affari. Cito due episodi, balzati alle cronache nel 2012 e nel 2013. Nel 2012, una ragazza, classe 1990, un’attuale ventiseienne, ha acquistato, per 35 milioni di euro, Villa Astor, la famosa Villa Tritone, una delle più prestigiose ville di Sorrento, a causa dei reperti archeologici che conserva e delle specie botaniche che custodisce, ma, soprattutto, per i personaggi della storia che vi sono stati ospitati. L’ultimo è forse quello più importante, Benedetto Croce, nel 1943 e nel 1945. Nel 2013, Villa Niccolini, a Sant’Agnello, un’altro pezzo di storia della penisola, è stata acquistata da un imprenditore russo, già presidente della Confindustria russa. Ecco, di tutti questi temi parleremo stasera con le autorevoli relatrici, che vi presento: Angie Cafiero, blogger e presidente della Commissione Pari Opportunità, l’avvocato Mariolina Costagliola, l’avvocato Francesca Attanasio e Carla Coppola, ballerina del San Carlo e maestra di danza. Prima di cominciare con le relazioni, cedo, per un saluto, la parola al sindaco Giuseppe Tito e all’assessore Biancamaria Balzano, che ringrazio per l’organizzazione di questa splendida serata.
Giuseppe Tito, Sindaco di Meta
Grazie. Buona sera a tutti! Ringrazio Ciriaco Viggiano. Anch’io mi sento orgoglioso di essere cittadino metese! Ringrazio tutti i presenti. Stasera ci apprestiamo a presentare l’opera del professore-amico Raffaele Lauro, il quale, oltre ad essere stato maestro di tanti giovani della nostra terra, è un politico di grande spessore, un uomo di cultura, uno scrittore ma, soprattutto, un uomo che ama la terra natale. L’opera che presentiamo stasera, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, rappresenta, insieme con le altre de “La Trilogia Sorrentina”, un complesso inno alle bellezze della nostra terra. Per tutto questo, a nome mio e della città che rappresento, ringrazio il professor Lauro. Nel prossimo consiglio comunale proporrò il conferimento della cittadinanza onoraria di Meta al professor Lauro. Un piccolo gesto per un grande uomo, un uomo dall’immensa conoscenza del territorio, un professore, un uomo dello Stato, una persona che ha dato e dà lustro alla nostra penisola e alla nostra amata Meta. Grazie di tutto, Raffaele!
Biancamaria Balzano, Assessore alla Cultura
Buona sera a tutti e benvenuti. Ricollegandomi a quanto è stato anticipato dal sindaco, voglio ringraziare tutti i presenti, le autorità e tutti gli intervenuti alla presentazione del romanzo del professor Lauro, che conclude “La Trilogia Sorrentina”, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, dedicato ad una donna coraggiosissima, Lady Violetta. Lady Violetta è un’étoile, è una stella della danza, una delle principali interpreti dell’arte di Tersicore, nel secolo appena passato. Ridurre, però, il romanzo del professor Lauro, semplicemente ad un romanzo d’amore, francamente, non appare esaustivo. L’Autore, come ha anticipato il sindaco, infatti, oltre ad essere un autorevole politico, senatore nella scorsa legislatura, è anche un raffinato scrittore, un raffinato docente, un acuto osservatore, tanto è vero che quest’opera è anche un romanzo politico, un romanzo storico, un romanzo che esalta le nostre bellezze, soprattutto quelle artistiche del Rinascimento italiano. Dico che trattasi di un romanzo anche politico, perché la protagonista, la quale adesso vive, da oltre cinquant’anni, a Vico Equense, è nata in Russia, dove si è artisticamente formata, al Teatro Bol’šoj di Mosca, e, in seguito alle vicende che hanno visto la Russia impegnata nel secondo conflitto mondiale, l’ha lasciata ed è riuscita a trasferirsi a Londra, dove ha trionfato nella carriera di danzatrice. Sicuramente, il libro ci lancia segnali importanti, segnali che rappresentano quasi degli insegnamenti. Per questo, invito i presenti a leggere e a far leggere questo romanzo, proprio perché, come ho detto, si tratta di un tributo anche all’arte rinascimentale italiana, che la protagonista cominciò ad apprezzare sin dalla nascita, sulle gambe del papà, il quale, poi, la porterà a teatro, per la prima volta, a sette anni. È una storia interessante, sentita e profonda. Vi ringrazio tutti per l’attenzione.
Angie Cafiero, Presidente Commissione Pari Opportunità
Buona sera a tutti. Il sindaco ci ha tenuto a precisare che sono presidente della Commissione Pari Opportunità, ma il mio intervento di questa sera verte sulla passione che nutro per la gastronomia. Sono una blogger, scrivo di cucina da quindici anni sul web e sono conosciuta proprio in quest’ambito. Sono presidente del gruppo dei fondamentalisti gastronomici, che abbracciano una gastronomia diversa da quella che va di moda. Una gastronomia legata alle tradizioni e che si respira nelle pagine di questo bel libro del senatore Lauro. Un libro che racconta la gastronomia del nostro territorio, mettendo in moto i succi gastrici, soprattutto quando si racconta delle preparazioni che la signora Savarese mette in tavola a Violetta, la quale, essendo una danzatrice, non mangia molto, perché, per ovvie ragioni, non può strafare a tavola. Più che parlare dei prodotti del nostro territorio, è mia abitudine estrapolare, all’interno dei romanzi, passi dedicati alla gastronomia, in cui si racconta il cibo. Ciò che ha attirato la mia attenzione nel libro del professor Lauro, è il racconto del nono compleanno di Violetta. In quella occasione, il padre le fa preparare una torta, chiamata “Napoleone”. Questa cosa mi ha suscitato grande curiosità e sono andata subito a consultare la mia collezione di libri, dedicati alla gastronomia e non solo, perché mi appassiona la cultura gastronomica, non solo le ricette. Quindi, sono andata a vedere cosa fosse la torta “Napoleone”, ho scoperto che, in realtà, è la millefoglie francese, preparata, all’epoca, con crema al burro e strati di pasta sfoglia. Nel 1912, in Russia, per commemorare i cento anni della liberazione di Mosca da Napoleone, questa torta divenne un vero e proprio simbolo e la si poteva trovare in tutte le pasticcerie. Il perché si chiami “Napoleone” è, probabilmente, dovuto a questi strati di pasta sfoglia, inframmezzati con la crema, che ricorderebbero il cappello di Napoleone Bonaparte. In tutto questo, Napoleone era ammirato dal padre di Violetta, nonostante fosse russo, per cui la torta piaceva molto anche in famiglia. Il mio intervento si conclude qui. Vi ringrazio per l’attenzione.
Maria Costagliola, Avvocato
Buona sera a tutti! Quando mi è stato chiesto di discutere di questo libro sono rimasta, per un attimo, turbata. Ho pensato, infatti, alla scelta che questa donna, nel 1956, ha fatto. Una scelta difficile, una scelta diversa, che mi ha colpito moltissimo. Il libro denota la grande sapienza dello scrittore. Vi sono descrizioni di luoghi, di cibi e di momenti storici molto particolari, che noi, forse, non possiamo comprendere fino in fondo, perché non li abbiamo vissuti. Non possiamo comprendere, ad esempio, cosa significasse, effettivamente, essere controllati dalla polizia segreta russa, e cosa potesse significare andare via da tutto ciò. Quindi, in un primo momento, ho pensato alla figura di Violetta come anacronistica, se rapportata ad oggi. Per cui, sono partita con spirito molto critico, nei confronti di questo libro. Tuttavia, ho guardato a questa figura di donna con molta attenzione, perché andava contro tutto quello che mi aveva insegnato mia madre: l’indipendenza, il farmi da sola, il riuscire ad essere me stessa. Come posso, dunque, coniugare questi insegnamenti, così forti, con l’esperienza di una donna ,la quale, all’improvviso, lascia tutto per amore? Mi sono posta, per questo, alcune domande, piccole riflessioni che vi partecipo. Le riposte che mi sono data possono essere valide per me, certamente non per tutti. La prima domanda: io lo avrei fatto? Avrei fatto questa scelta? Avrei lasciato la mia carriera, nel momento di maggior successo, foriero di ulteriori e probabilmente ancora più brillanti affermazioni future? Lo avrei fatto? E, oggi, quante farebbero una scelta del genere? Non sono riuscita ancora a darmi una risposta. Ho pensato che noi donne abbiamo tanto lavorato per arrivare fin qui, conquistando faticosamente i nostri diritti. Perché io o voi, pertanto, avremmo dovuto fare tutto questo, tradendo la lotta di altre donne prima di noi? Perché non posso amare perseguendo, comunque, la mia carriera e le mie aspirazioni lavorative? Perché non posso farlo? C’è più amore in una donna che non lavora, rispetto ad una che lavora? Ad una donna che fa la mamma, la moglie e anche la lavoratrice? Ho pensato, allora, di dovermi porre in un altro modo. Ho considerato: e se questo amore fosse così forte da poter giustificare la scelta? E se questo amore avesse rappresentato la sua vera realizzazione? Ecco che, forse, ho compreso tutto, perché ho pensato: è vero che noi donne abbiamo dovuto faticare tanto per arrivare a raggiungere dei risultati che rappresentano, oggi, la nostra indipendenza e la nostra dignità. La dignità di genere. Perché, allora, dovremmo condannare questa scelta, se la dignità di donna Violetta, il suo realizzarsi, era veramente in ciò che ha fatto, cioè scegliere di lasciare il lavoro, la carriera e il successo per diventare moglie e madre? Così la mia visione è cambiata. Vi ringrazio per l’attenzione.
Francesca Attanasio, Avvocato
Buona sera a tutti! Devo ringraziare un’amica e collega, l’avvocato Biancamaria Balzano, la quale, oggi, in veste di assessore alla Cultura di Meta, mi ha dato la possibilità di partecipare a questo incontro. La ringrazio, principalmente, perché questo appuntamento mi dà l’occasione anche di ricordare il nostro primo incontro, collegato al mondo della danza. Conosco Biancamaria da quarant’anni. Ci siamo conosciute nella sala di una scuola di danza, dove ci avevano iscritto i nostri genitori. Da quel momento, abbiamo camminato, mano nella mano, per tanti anni, nonostante, ad un certo punto, le nostre strade si siano allontanate, perché lei ha lasciato prima di me la danza, che anche io, poi, ho abbandonato per seguire gli studi universitari e la professione legale. Grazie principalmente a lei. Il romanzo del professor Lauro mi ha dato modo di rivivere emozioni e sensazioni della mia giovinezza, dei miei quindici anni, trascorsi a fare la ballerina classica. Ho avuto anche modo di effettuare dei paragoni tra i genitori di Violetta e i miei. Mentre quelli di Violetta hanno creduto in lei, per le capacità, le potenzialità espressive e il talento, i miei, probabilmente, desideravano, per me, un futuro differente, una professione più tradizionale e, quindi, non mi hanno consentito di esprimermi, come io avrei voluto e come desideravano anche i miei maestri di danza, due ballerini del San Carlo, che ritenevano avessi comunque del talento. Il romanzo, pertanto, mi ha dato la possibilità di riflettere molto su alcuni degli anni più importanti della mia vita. Cosa dire di quest’opera che non sia già stato detto da tante autorevoli voci che mi hanno preceduta? È un romanzo storico, perché, comunque, la vita di Violetta è costellata da una serie di vicende e di episodi storici. Mi ha colpito uno in particolare, riferito al regime di Stalin, che lei ha vissuto quando era adolescente: la mamma di Violetta, dopo anni, va a trovare sua figlia a le consegna una lettera che Violetta le aveva spedito molti anni prima, in cui le descriveva le meraviglie paesaggistiche e monumentali di Firenze. Questa lettera era stata intercettata dal KGB che aveva censurato tutto ciò che riguardava queste bellezze. La censura aveva evitato che la madre di Violetta venisse a conoscenza di tutto quello che era Firenze. Con grande rammarico, poi, Violetta descriverà a sua madre tutto ciò che ella non aveva potuto leggere in quella lettera. È un romanzo di formazione, perché, chiaramente, segue il percorso di vita di Violetta, ce la fa conoscere nella sua infanzia, adolescenza e maturità. È un romanzo d’amore, perché è incentrato sulla storia d’amore tra Violetta e Fernando Savarese. Infine, è anche un romanzo, per certi versi, picaresco, per quanto di avventuroso c’è nella vita di questa donna. Questo romanzo mi ha dato la possibilità di rinvenire anche degli spunti riflessivi. Tre in particolare. Il primo: dal romanzo si evince il grandissimo amore che il professor Lauro nutre nei confronti della Penisola Sorrentina. Ciò si evince dalla descrizione degli scorsi paesaggistici, dei percorsi enogastronomici e del “mare nostrum”. Un amore per la sua terra che condivido appieno, perché è una terra che anch’io amo immensamente. Il secondo spunto riguarda le due figure maschili più significative del romanzo: il padre di Violetta e Fernando Savarese. Il primo è una personalità eclettica, un uomo di cultura, che è andato al di là dei giudizi e dei pregiudizi, che non temeva nulla per sua figlia, anzi, ha cercato, in tutti i modi, di agevolarla nel percorso che l’avrebbe condotta sui palcoscenici di tutto il mondo. L’ho ammirata molto questa persona. È davvero un bel padre! Poi, Fernando. Ha delle caratteristiche che si addicono poco all’uomo contemporaneo, nel senso che, innanzi tutto, Fernando è un uomo che sa aspettare, che sa attendere. Oggi, l’attesa spazientisce, non è qualcosa che si vive con serenità e tranquillità, tutt’altro! Fernando, invece, è lì e attende, persino il giorno in cui Violetta si congeda dai colleghi del Royal Ballet, lui attende, a casa, il ritorno dell’amata. In quella circostanza si rivolge a Violetta con tale saggezza e maturità che io non riscontro normalmente in un uomo. Questo per sottolineare come, spesso, ci poniamo traguardi molto lontani e, invece, basterebbe rivolgere il nostro sguardo intorno, per riuscire a comprendere che è proprio lì che troviamo l’amore della nostra vita. Fernando è un giovane che attende e che è maturo, dotato di particolare affettuosità. Mi ha colpito un gesto particolare di Fernando: la mattina presto, dopo il consueto bagno di mare con la moglie, lui esce dall’acqua prima di lei e l’attende, sulla battigia, con l’accappatoio candido, cingendola per evitare che lei prenda freddo. Un amore, dunque, fatto anche di piccoli gesti e di piccole attenzioni. Un terzo rilievo che ho fatto in questo testo, riguarda Violetta come cittadina del mondo. Ho letto questo romanzo circa un mese fa. Proprio in quel periodo, ho conosciuto un amico dei miei cugini, tra l’altro, in una circostanza particolare, una visita alle isole Li Galli, a pranzo proprio nella residenza che fu di Massine e, poi, di Nureyev. Questa persona è nata e vissuta a Meta fino a una certa età, poi, è andata fuori per lavoro e oggi vive tra Zurigo e Parigi, ma, in realtà, vive, per lo più, sugli aerei, perché si sposta dal Giappone alla Cina agli Stati Uniti. Mi venne spontaneo, quindi, chiedergli quale ritenesse essere fosse la sua cittadinanza. Mi rispose: mi sento cittadino europeo, perché quando vado in Giappone, in Cina o negli Stati Uniti, così vengo identificato e mi presento come cittadino europeo. Il giorno dopo, coincidenza ha voluto che io leggessi la pagina del libro in cui Violetta sostiene la stessa cosa. Grazie per l’attenzione!
Carla Coppola, Ballerina e Maestra di Danza
Buona sera. Innanzi tutto ci tengo a ringraziare l’assessore Biancamaria Balzano e la dottoressa Francesca Attanasio, che mi hanno invitato alla presentazione del libro del professor Lauro, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”. Questo ringraziamento è dovuto e doveroso perché, in questo modo, ho avuto l’opportunità di leggere questo straordinario libro, che racchiude in sé la leggerezza e la bellezza della nobile arte della danza, nonché la storia nella storia, perché tratta le vicende di Violetta, legate ad un periodo storico, descritto con dovizia di particolari dall’Autore. Ma, soprattutto, narra la vita di una donna meravigliosa che mi ha molto colpito. Ho avuto la fortuna di danzare, per trentacinque anni, nel corpo di ballo del Teatro di San Carlo. Nel 1987, ho conseguito il diploma. Proprio in quell’anno, la signora Elvina è stata nominata direttrice del corpo di ballo. Ricordo che la vidi entrare nella sala, già sessantenne, una donna di una bellezza, di una grazia e di una eleganza, fuori dal comune. Ne fui molto affascinata. All’epoca ero ragazzina e non conoscevo né la sua vita, né il suo percorso artistico, altrimenti credo che, in sala, l’avrei venerata tutti i giorni come una dea. Non nascondo, tra l’altro, che leggendo il libro, spesso, mi sono molto emozionata, perché la storia di Violetta mi ha completamente rapita. Una donna, la quale, come dice il titolo, ha danzato la vita e l’amore. Dopo una splendida carriera è uscita, in punta di piedi, con la sua eleganza e con la sua apparente fragilità, dal mondo della danza, per dedicarsi, attraverso una scelta che credo sia stata molto ponderata, di grande coraggio e di grande coerenza, alla danza dell’amore, in una cornice, quella della Penisola Sorrentina, che il professor Lauro ha decantato con tutte le sue bellezze, in maniera encomiabile. Il libro mi ha dato anche l’opportunità di ritrovare tanti personaggi, a me cari. In particolare, il mio caro maestro Zarko Prebil, una persona che ho nel cuore, purtroppo scomparso da poco. Un uomo, un grande maestro, un grande ballerino, un grande coreografo, con il quale ho seguito il mio bel percorso artistico. Devo a lui il salto di qualità come ballerina. Un uomo di grande personalità, molto carismatico, che temevo tanto, tremando quando si avvicinava. Ma un uomo certamente capace di grande sensibilità e di grande umanità. L’amicizia che lo ha legato alla signora Elvin, infatti, è stata un’amicizia disinteressata e profonda. A tal proposito, ci tengo a leggere un brano, tratto dal libro. Una conversazione telefonica, tra Zarko e Violetta, il giorno del novantesimo compleanno di lei. Una conversazione che, a mio parere, rappresenta l’essenza del libro e della vita di Violetta: Piccola storia? - chiede Zarco -. Affatto, Violetta! È una storia così bella, così interessante, così raffinata, così colta, che si intreccia con tutto il quadro storico-politico del Novecento, con le sue tragedie e con le sue speranze, con le sue cadute e con le sue risorgenze. Questa storia non può cadere nell’oblio. Ha attraversato i marosi di una persecuzione politica, è approdata in una famiglia straordinaria, in un marito, che ti ha amato, in un figlio, che ti adora. Probabilmente, nelle vite degli altri artisti ci sono stati eventi altrettanto belli. Ma così belli, come gli eventi che ti riguardano, io non ne conosco. Come sei caro, Zarko - risponde Violetta -, con queste espressioni, ti fai perdonare l’assenza alla mia festa. Sai bene che queste cose te le ho sempre dette - conclude Zarko -. Sono mie radicate convinzioni. Sei, cara Violetta, la sintesi di una confluenza, provvidenziale e casuale, astrale, metafisica, zodiacale. Ognuno se la può spiegare come crede, però questa tua storia rimane, per me e non solo per me, ma per quanti la conoscono e la conosceranno, un patrimonio assolutamente straordinario, che non si può disperdere. Sarebbe utile ai giovani, a quei giovani che vogliono dedicarsi alla danza e capire che la danza non rappresenta un lavoro qualsiasi, un lavoro come un altro. Invito, quindi, tutti i presenti e tutti i miei allievi a leggere questo libro straordinario che tratta di danza, di vita e di amore. Grazie!
Raffaele Lauro, Scrittore
Buona sera, buona sera a tutti. Grazie per essere intervenuti. Ringrazio il sindaco Tito per le generose espressioni di apprezzamento, rivolte alla ormai lunga storia della mia vita, professionale, pubblica e pubblicistica, che mi hanno commosso, e per la inattesa, quanto gradita proposta di conferimento della cittadinanza onoraria di Meta, che altamente mi onora. Ringrazio tutti i partecipanti e, soprattutto, l’assessore Balzano, non soltanto per il raffinato intervento, ma per avere scelto quattro fantastiche donne, come relatrici. Nessuno meglio di una donna può cogliere, nel profondo, la personalità di una grande artista, come Violetta Elvin, una donna coraggiosa, amante dell’arte, della bellezza, della vita e della libertà. Meta ha riscaldato e riscalda le vite di tutti noi. Siamo davanti a delle fantastiche relatrici, caro sindaco. Ti sei circondato, anche in giunta, di donne straordinarie, professioniste affermate. Meta mi ha sempre affascinato, non solo per questo calore naturale, ma perché è la terra delle donne che sono rimaste sole, che hanno dovuto continuare la loro vita a crescere, da sole, i figli. Non è stato un compito affatto semplice quello delle donne di Meta, mogli di marinai, mogli di comandanti, le quali, rimaste sole, a volte per mesi o per anni, hanno dovuto gestire la famiglia, non soltanto le risorse economiche che affluivano, ma anche, e soprattutto, curare l’educazione dei figli. Le donne di Meta hanno fatto due parti in commedia! Da qui, la mia ammirazione per le donne metesi e per l’intera comunità di Meta. Vi ringrazio tutti!