28/11/2016


(Il resoconto integrale è stato curato da Riccardo Piroddi)

Antonio Migliozzi, Giornalista

Buona sera e un benvenuto a tutti. Mi fa piacere iniziare, raccontandovi un piccolo accadimento, che mi è capitato qualche giorno fa. Ho ricevuto una telefonata molto garbata, da una persona che si presentata con il nome di battesimo e il cognome. Non la conoscevo. “Lei è Antonio Migliozzi?”. “Sì”, rispondo. Lui mi ringrazia per aver aderito ad un evento che lo riguardava. Mi è piaciuta questa telefonata per il garbo, per l’educazione, per la finezza e per l’umiltà. Il nome di battesimo di questa persona, che mi ha telefonato, era (ed è) Raffaele, il suo cognome, Lauro. Ho gradito tantissimo questa telefonata, proprio, ripeto, per il garbo e per l’umiltà. Nonostante questa sera sia la prima volta che ci incontriamo di persona, ho davanti ai miei occhi una persona che so essere difficile, oggigiorno, trovare. Con ancora maggiore piacere, quindi, partecipo a questo grande evento. Stasera presentiamo l’ultimo libro de “La Trilogia Sorrentina” di Raffaele Lauro, il cui titolo è “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”. L’ho letto con avidità. Narra di una signora, garbata anch’essa, una grande artista della danza classica e del balletto! Veniamo al dunque, anche perché so esserci la partita del Napoli e, quindi, qualche presente vorrà seguire almeno il secondo tempo. Passo la parola a lsindaco, Andrea Maccarelli, per l'introduzione della manifestazione.

Andrea Maccarelli, Sindaco di Presenzano

Buona sera a tutti! È un piacere vedervi, in tanti, partecipi ad un evento culturale di Presenzano. Vorrei ringraziare, innanzi tutto, i nostri relatori, Giuseppe Bocchino, la professoressa Forgione e il moderatore Antonio Migliozzi, per la loro disponibilità. Antonio, per la prima volta, svolge le funzioni di moderatore, mentre la professoressa e Giuseppe hanno presentato i precedenti lavori dell’amico Raffaele. Ringrazio, poi, il direttore Cosabella, il quale, come responsabile del centro di formazione dell’ENEL, ci ha offerto la disponibilità di questa meravigliosa sala. Permettetemi di ringraziare, naturalmente,  l’amico Raffaele, perché ha voluto presentare, a Presenzano, anche la terza opera della sua trilogia sorrentina. Inoltre, ci ha dato e ci sta dando una mano con il problema del terremoto. E’ tra i politici più fattivi, che io conosca. Se siamo riusciti a fronteggiare l’emergenza con rapidità, dobbiamo ringraziare lui. Lasciatemi soffermare brevemente sulla figura di Raffaele Lauro, perché si tratta di  una delle persone che - posso davvero rivendicalo con orgoglio - ho avuto l’onore di conoscere bene. Raffaele, infatti, in pochi anni, da quando l’ho incontrato, mi ha fatto comprendere l’importanza di persone che applicano quel principio della nostra Costituzione, che indica, ai cttadini, non solo i diritti, ma anche i doveri. Mettersi a disposizione del proprio paese, lo si può fare in diversi modi. Raffaele Lauro lo faceva quando era un uomo di Stato, e, non appena si è spogliato di tutta le funzioni pubbliche, lo ha continuato a fare nel campo della cultura. Riuscire a trasferire agli altri le conoscenze, le competenze e le esperienze diventa un’ottima ragione per lasciare un segno della propria esistenza. Per tutto questo, lo ringrazio affinché possa, un giorno, interessarsi ancora più da vicino della storia di Presenzano. Auspico che voglia essere il coordinatore di una pubblicazione, che ricirdi le nostre tradizioni e le nostre storie, con la collaborazione di professionisti, come la professoressa Forgione, e di tutti coloro che intendono dare il proprio contributo, specie i giovani. Da parte nostra, dal punto di vista dell’istituzione comunale, vogliamo patrocinare, moralmente ed economicamente, questo progetto. La professoressa Forgione, ad esempio, si è resa disponibile, da anni, e ci sta dando una grossa mano, anche attraverso le associazioni e i ragazzi del Forum dei Giovani. Vorrei Raffaele, anche se lo farai da lontano, che tu ci potessi supportare, sperando che il prossimo libro che, insieme, presenteremo, qui, potrà avere come protagonista, proprio Presenzano. Un libro scritto che dovrà essere scritti da a presenzanesi per i presenzanesi. Grazie a tutti!

Ciro Posabella, Direttore della Centrale Idroelettrica ENEL di Presenzano

Buona sera. Vi porto i saluti dell’azienda che rappresento. Ospitare questo tipo di iniziative, così preziose per l’arricchimento della persona, non può che farci piacere. Colgo l’occasione per sottolineare la grande collaborazione, tra noi e le varie Amministrazioni Comunali, che si sono succedute, negli anni, in questo comune. Il nostro obiettivo comune rimane sempre quello di aprirci al territorio e di fare in modo che cresca la cultura, anche attraverso le visite degli studenti che promuoviamo in una importante centrale idroelettrica, come la nostra. Nonostante il personale ridotto, circa 20.000 studenti all’anno visitano la centrale, in passato siamo arrivati fino a 32.000. Questo non fa altro che onorare questo paese, che merita tanto. Grazie.

Luigia Forgione, Docente di Materie Letterarie

Buona sera! A me tocca sempre la parte più ponderosa, quella di analizzare l’opera del professor Lauro. Intanto, ringrazio tutti gli intervenuti, specialmente due mie amiche, venute da Cassino, per partecipare a questa manifestazione. Chiaramente, ringrazio i padroni di casa e il professor Lauro, il quale, ancora una volta, ha scelto Presenzano per completare  questo tour di presentazioni nazionali della sua ultima opera. La scorsa volta, dicevo, caro professore, che quando si leggono molti libri dello stesso autore, si impara a conoscerne l’anima. Ecco, ho aggiunto un altro pezzo della mia conoscenza della sua anima. Non ne scriva più, La prego, altrimenti la conoscerò meglio di quanto lei conosca se stesso. Dunque, scherzi a parte, siamo qui per presentare “Dance The Love - Una Stella a Vico Equense”. Balla l’amore, è un titolo emblematico e polisemico, perché può essere interpretato sia come balla l’amore, con l’amore come soggetto, sia con l’amore inteso come vita, quindi, vivi la vita, vivila fino in fondo, senza avere mai timore di nulla. Questo libro è molto particolare, perché è una biografia romanzata di un’amica del professore Lauro, una stella della danza mondiale, la quale, all’età di novantatre anni, vive a Vico Equense. Questa signora, di nome Violetta Elvin, è nata a Mosca nel 1923, trapiantata, poi, a Vico Equense. Prima di raccontarvi in sintesi, altrimenti non potremmo conoscerla da vicino, le peripezie e le avventure della sua vita, voglio parteciparvi un’osservazione. Professor Lauro, lei ha utilizzato quelle che, per Alessandro Manzoni, erano le regole del romanzo: il vero per oggetto, l’utile per scopo e l’interessante per mezzo. Il vero è la storia di Violetta Elvin, legata a fatti accaduti, ma, nello stesso tempo, l’autore ha lasciato per se stesso un angolino, per far trapelare il suo modo di vedere quel determinato evento, non tanto l’episodio che riguarda l’esistenza di Violetta, quanto gli avvenimenti storici che fanno da scenario alla vita della protagonista. Violetta nasce a Mosca nel 1923. Siamo all’inizio del ‘900 ed è tutto il ‘900 che fa da sfondo alla storia di questa donna. Il ‘900, come è stato definito, secolo breve, perché gli avvenimenti si sono succeduti con molta rapidità. Chi legge con attenzione il libro, coglie l’interesse dell’autore per la politica e il suo severo giudizio, su quello che è stato il comunismo, in Russia, con tutte le implicazioni del caso. La storia di Violetta è romanzata proprio perché, pur mantenendone i caratteri essenziali, l’autore ha lasciato per sé un minimo spazio, ha ricostruito, in parte, i dialoghi, senza mai venir meno alle idee, ai modi di pensare e di sentire della protagonista. L’utile per scopo di questo romanzo l’ho colto nella possibilità di un  ripensamento del secolo scorso, che non è un fatto a sé stante, perché sappiamo che l’oggi prepara il domani e l’ieri era quello che abbiamo vissuto. Di conseguenza, nel ‘900, nonostante sia passato da poco, sono accadute delle cose le cui conseguenze ci portiamo dietro ancora oggi. Pertanto, una riflessione, una rivisitazione di questo periodo storico non può che far bene. L’interessante per mezzo, infine, perché la bravura dell’autore rende accattivante, non solo la figura della protagonista, ma anche le sue vicende umane e artistiche. Violetta non viene quasi mai presentata fisicamente. Qualche accenno all’inizio del romanzo, Una figura esile ed elegante. Ho visto, in fotografia, che è bionda con gli occhi azzurri. Descrizioni particolareggiate di Violetta non ce ne sono ma, vi assicuro,  alla fine del libro è come ce la trovassimo davanti ai nostri occhi, perché l’autore ce la fa conoscere per la bellezza che ha dentro. Qui, un aggancio con Dante, il quale è stato capace di farci immaginare Beatrice, “tanto gentile e tanto onesta pare, la donna mia quand’ella altrui saluta”, presentandocela, non attraverso l’aspetto fisico, ma attraverso le virtù. Adesso sarò breve. Violetta nasce nel 1923, a Mosca. Vasilij Vasil’evič,l’unico nome russo che riesco a ricordare, perché gli altri sono impronunciabili, papà di Violetta, aveva sposato, in seconde nozze, una ragazza polacca di diciotto anni, Irena. Dal matrimonio era nata Violetta. Pochi mesi dopo, il padre dovette recarsi a rendere omaggio alla salma di Lenin e, di ritorno, passò davanti al Teatro Bol’šoj di Mosca. Il padre di Violetta era un uomo eclettico, dai mille interessi culturali, un uomo intelligente, curioso e desideroso di capire e di apprendere, appassionato di musica, di pittura e di architettura. Vasilij preconizzò il futuro di sua figlia, desiderando che la piccola, un giorno, potesse calcare il palcoscenico di quel teatro. La famiglia di Violetta viveva nel quartiere di Arbat, in una casa della comunanza, dove ogni famiglia aveva a disposizione una stanza, con i servizi in comune. Violetta fu molto amata dai genitori. Era ancora picco, ma imparò subito a non parlare o, meglio, a parlare a  bassa voce e a non dire mai tutto quello che pensava, perché le spie erano dappertutto. Questo ci aiuta a capire il carattere determinato di Violetta: una donna che saprà essere forte e, da sola, riuscirà ad affrontare quanto le sarebbe capitato nella vita. Violetta fece domanda per entrare al Bol’šoj, una selezione molto dura. Iniziò lo studio della danza. Intanto, scoppiò la seconda guerra mondiale, il Bol’šoj fu costretto a chiudere, Violetta si trasferì fuori Mosca, ma, finita la guerra, rientrò nella sua città e ricominciò a lavorare duramente. Si legò ad un inglese, Harold Elvin, il quale lavorava presso l’ambasciata britannica a Mosca. Non appena la polizia segreta venne a conoscenza della cosa, Violetta  fu chiamata dal direttore del Bol’šoj. Questi le fece capire che se avesse voluto continuare a danzare, avrebbe dovuto smettere di frequentare quello straniero. Di fronte a quell’ultimatum, Violetta non interruppe assolutamente la frequentazione dell'inglese, perché, oltre alla danza, amava la libertà. Violetta ha amato la danza perché rappresentava lo strumento che le avrebbe permesso di estrinsecare la libertà che nutriva dentro. Sposò Elvin e fu mandata via dal Bol’šoj, fuori Mosca, in un teatro minore. Grazie al matrimonio, infine, riuscì ad espatriare, ottenendo il visto grazie agli appoggi politici della famiglia del marito. A Londra, dopo un periodo di acclimatamento, cominciò a danzare con il Royal Ballet di Ninette de Valois. Vi entrò in punta di piedi, come sostituta delle prime ballerine. Non si lamentò, lavorò più delle alte, non chiese mai aumenti di stipendio, accettò tutto. Una donna fortissima, che seppe ricominciare daccapo, con umiltà e con spirito di sacrificio. Questo le procurò l’amicizia e l’affetto di tutti gli artisti del Royal Ballet, che impararono a stimarla. All’inizio degli anni ’50, venne in Italia, in tournèe, e conobbe Maria Callas. Due donne, due grandi artiste, ma con due visioni della vita antitetiche. La Callas rappresentava il fatalismo, e non poteva essere diversamente, perché era greca. Violetta, invece, riteneva che, con il sacrifico e con la volontà, si potesse orientare il proprio destino e, fino a quel momento, lo aveva dimostrato. Violetta, in questo, appare un poco rinascimentale “Homo est faber fortunae suae”. Poi, con il marito e gli amici, andò, in vacanza, a Vico Equense. Lì, scoccò l’amore per il mare e per quei posti, per la natura e per la gente. Durante questo soggiorno, conobbe Fernando Savarese, il quale faceva da guida alla combriccola inglese. Per Fernando, Violetta fu il colpo di fulmine. Per Violetta anche, ma non se ne accorse subito. Tornò a Londra col marito e, poco dopo, si separano. Continuò a lavorare duramente al Royal Ballet. Dopo qualche tempo, Fernando andò a Londra e solo allora scoprì che è Violetta fosse un’artista internazionale, perché lei non glielo aveva mai detto. Tra i due, scoppiò l’amore e decisero di sposarsi. Tutto questo potrebbe sembrare una cosa normale. La cosa anormale, invece, fu che Violetta decise di lasciare la danza, per cui era vissuta. Disse un amico di Violetta: “La danza è un amore che non ammette amanti!”. Violetta si rese conto che l’amore per Fernando non poteva essere conciliato per l’amore per la danza e viceversa. Un altro amico le disse: “La felicità è un treno. Se sei distratto non fai in tempo a prenderlo. Tu, Violetta, l’hai riconosciuto e ci sei salita”. Dopo un anno i due si trasferirono a Vico Equense, tra i timori di Fernando, il quale temeva che una stella internazionale della danza non potesse vivere in un centro di provincia, come Vico. Nonostante questo, Violetta non avrebbe mai rimpianto la sua scelta. La decisione di lasciare la danza fu presa da sola, la maturò da sola, perché sapeva che certe scelte non potessero e non dovessero riguardare la persona che hai accanto, in quanto, nel futuro, si possono portare dietro rimorsi e rimpianti. Violetta affrontò tutto da sola. Una decisione che non avrebbe mai rimpianto. Sfortunatamente per lei, il marito sarebbe morto abbastanza presto. Lei non si è mai mossa da Vico Equense, nella memoria del marito e nel rispetto di quel grande amore. A novantadue anni, in un sogno, viene invitata al Bol’šoj, per ballare “La bella addormentata”, che aveva visto a sette anni, col papà, e che aveva ballato, al debutto, proprio al Bol’šoj. Va , sempre nel sogno, a Mosca, balla e mentre esce di scena, tra gli applausi, crede di vedere il marito, il quale le dice: “ Non sei mai stata così brava come adesso!”. L’immagine che viene fuori è quella di una donna così sicura, determinata, che prende le sue decisioni senza mai voltarsi mai indietro, Può sembrare che Violetta, nel suo modo di essere, possa, in qualche modo, identificare l’individualismo del Rinascimento. Non credo sia totalmente così. Violetta personifica la concezione classica dell’amore, inteso come Eros, Filia e Agapé. Eros, perché è amore passionale per l’uomo che ama. Filia, perché è amore per la famiglia e per le persone care. Agapé, anche nell’accezione cristiana del termine, perché Violetta si apre agli altri, rappresentando un ponte verso gli altri e verso l’esterno, donando a tutti questo amore. Grazie!

Giuseppe Bocchino, Giornalista

Buona sera a tutti! Voglio dialogare con voi ripetendo, ad alta voce, i pensieri maturati durante la lettura di questo libro, che mi sembra essere una biografia, anche se con qualche elemento, se non più di qualche elemento, di fantasia poetica. E’ stato già sottolineato il criterio del “verosimile” manzoniano, io aggiungerei, soprattutto per la parte iniziale, come la ricostruzione del milieu familiare di Violetta, risenta di chiare reminiscenze della letteratura realistica francese, inglese e russa dell’Ottocento, dove la narrazione delle origini familiari serve a preannunciare il carattere e il destino di un personaggio. Detto questo, farò tre semplici considerazioni, quelle che ritengo le più importanti. La prima, è una breve premessa: devo dire che la scelta di una donna protagonista, mi mette già in uno stato d’animo favorevole nei confronti di un’opera. Un autore che sceglie di raccontare una storia, che ha per protagonista una donna, dimostra, da subito, una sensibilità particolare e diversa dagli altri colleghi maschi, molto spesso ossessionati dal risolvere, attraverso la costruzione e le vicende degli eroi di un romanzo, i propri problemi reali e simbolici con un altro maschio, ossia con una figura maschile, paterna. Un ragionamento per soli uomini, e, quindi, molto noioso. Si tratta, inoltre, di una scelta radicale, poiché una prospettiva femminile sui fatti della vita è completamente diversa dalle visuali più comuni. Da questo punto di vista, riprendendo quanto già detto dalla professoressa Luigia Forgione, emblematico è l’incontro di Violetta con Maria Callas. La seconda considerazione che voglio fare riguarda il rapporto che si crea tra l’idea e le forme della sua realizzazione concreta, nel nostro caso, lo stile della narrazione. Immagino che l’idea alla base del libro sarà stata quella di descrivere la realizzazione di una vita artistica e farne un inno alla libertà, alla piena espressione delle proprie vocazioni, nonostante le enormi difficoltà, causate da un contesto storico-politico, fortemente oppressivo, che soffocava l’individuo e le sue aspirazioni, anche artistiche. Stiamo parlando, ovviamente, della Russia sovietica e del regime staliniano. Per dare l’esatta misura di questo contrasto tra aspirazione alla libertà e negazione della libertà, la costruzione narrativa del testo ha dovuto dare al lettore, inevitabilmente, sempre i riferimenti precisi al contesto storico e culturale del tempo, creando un intreccio continuo, tra eventi generali e biografia. A questo proposito, la mia impressione è che nella prima parte del libro, l’autore abbia voluto privilegiare lo sfondo storico generale rispetto al piano autobiografico, anche per enfatizzare quelle che saranno le varie dislocazioni della protagonista nel fuggire dai luoghi dell’oppressione verso le terre della libertà e dell’amore. Forse anche trascinato da un’esuberanza intellettuale che lo spinge talvolta al riferimento erudito. Questo spiega la presenza di un indice finale dei nomi, dei luoghi e dei balletti: la frequenza dei rimandi ha reso necessario un supplemento di spiegazione per facilitare la lettura. Vorrei dire, anche perché il nostro dialogo deve essere sempre critico, che in alcuni momenti di questa parte iniziale, io avverto un testo che si sviluppa alla ricerca di un difficile equilibrio, perché, tendenzialmente, lo sfondo storico punta ad interrompere le vicissitudini autobiografiche, tanto da costituire un sorta di freno. Sicuramente, l’interruzione delle vicende di Violetta potrebbe essere una scelta per ritardare lo sviluppo del racconto e suscitare maggiore curiosità nel lettore. Da parte mia, però, spesso ho avvertito la necessità di avere maggiori informazioni sulla vita della protagonista, senza essere interrotto dal contesto storico esterno. Se noi pensiamo ad un testo, come ad un’architettura, che, per essere pienamente riuscita, o fallire, deve trovare una soluzione alle difficoltà che emergono durante il processo concreto della scrittura, il momento cruciale di una lettura critica è proprio questo: individuare dove si è realizzato, o non si è realizzato, un equilibrio narrativo efficace e creativo, nel nostro caso tra eventi esterni e biografia. Io sono convinto che un’opera proceda in maniera spedita e senza tentennamenti, quando ha una sostanza emozionale, del carburante emotivo. In “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, per tale ragione, ritengo che la storia d’amore, tra Violetta e Fernando, sia il momento emozionale più alto dell'opera, perché riesce a garantire una sintesi stilistica, dove ogni elemento acquisisce il suo giusto peso all’interno del racconto, senza sbavature o sopraffazioni. La terza: in alcuni momenti, leggendo la storia di Violetta, pensavo a Madame Bovary, l’eroina dell’omonimo romanzo di Gustave Flaubert. Il suicidio finale di Emma testimonia che, per lo scrittore francese, è impossibile vivere una vita che imiti l’arte, la letteratura, e chi insegue questo sogno è destinato purtroppo ad un tragico fallimento. Ciò che secondo me, invece, ha affascinato l’autore di “Dance The Love” è l’esatto contrario: grazie al talento, alla determinazione e all’amore, come per Violetta, si può avere una vita bella, tanto è vero che la frase cruciale del libro, per me, rimane questa: “E la storia d’amore tra Fernando e Violetta si sarebbe trasformata, ben presto, in una straordinaria opera d’arte”. Vi ringrazio per l’attenzione!

Raffaele Lauro, Scrittore

Buona sera a tutti e grazie! Innanzi tutto, ringrazio ciascuno di voi, specie i tifosi del Napoli, per aver fatto questo sacrificio, però, devo dire, con tutta modestia, che le partite del Napoli non sono sempre opere d’arte e, quindi, dedicare, stasera, qualche ora ad una grande artista, come Violetta Elvin, può essere un momento importante di ricordo e di gratificazione, più della partita di calcio. Ringrazio ognuno di voi, quindi, specialmente il paziente marito della professoressa Forgione, perché ella dà sempre degli input sui rapporti di coppia. Penso che il marito l’abbia ascoltata con interesse, prendendo nota di tutte le sue osservazioni. Caro sindaco, caro Andrea, la nostra amicizia ormai data da tempo. La stima e l’affetto che nutro per te sono noti, così come sono sempre a disposizione, ogniqualvolta possa essere utile per te, per la tua amministrazione e per questa città, che ho imparato ad amare. Con grande gioia, sono venuto qui a presentare il terzo romanzo della mia trilogia sorrentina. Presenzano, Sorrento e Sant’Agata sui Due Golfi sono gli unici paesi, in cui ho presentato tutti i tre pilastri della mia trilogia, che si nutre del profondo amore che nutro per la mia terra natale. I contenuti delle presentazioni di questo romanzo formeranno un eBook, che vi arriverà in dono, a Natale. Ascoltare gli interventi di presentazione mi ha arricchito molto. Ringrazio, quindi, tutti i relatori e, in questa occasione, anche il dottor Posabella, che ha un cognome mica da poco, per l’ospitalità. Siamo passati, qui a Presenzano, dal presentare i miei libri al Castello Ducale, fino alla centrale dell’Enel. Un ponte tra passato, presente e futuro. In merito alla proposta di Andrea Maccarelli di scrivere qualcosa su Presenzano, rispondo che potrei scrivere un romanzo storico sulla famiglia dei duchi, ma un libro su Presenzano no. Non sarei capace. Potrei, però, coordinare e pubblicare dei contributi, che possiamo programmare insieme, in un libro che affronti i vari tagli della storia, della cultura popolare, della cucina e della vita comune di questo bel paese. In modo che tu, sindaco, possa lasciare una traccia culturale, specie per le nuove generazioni, completamente omologate e rapite dalla follia di internet. Internet è libertà, ma può diventare schiavitù, fogna, un inno, non alla libertà, ma ad una violenza alla libertà. Questo compito, caro Andrea, tu ce l’hai, ed è bene che lasci un segno, perché i libri sono i mattoni con cui costruire il futuro. Io ti offro la mia completa disponibilità. Vorrei concentrarmi, in conclusione, sull’intervento della professoressa Forgione. È stato, pur nel poco tempo, assolutamente luminoso e chiaro, individuando la sostanza del libro. Questo romanzo nasce da molte ore di conversazioni, tra me e Violetta Elvin, una affascinante signora di novantatre anni, la quale, dopo aver abbandonato la danza, sessant’anni, fa, non ha mai voluto rilasciare interviste ai giornali. Una donna che ha ancora una classe e un’eleganza straordinarie. È intervenuta soltanto in due eventi organizzati e, credetemi, ha incantato il pubblico: in rete ci sono i video dei suoi ingressi, che vi consiglio caldamente di guardare, per rendervi conto di cosa io stia parlando. Volevo complimentarmi con la professoressa per la sintesi fantastica della figura di donna Violetta, che si sviluppa attraverso tre dimensioni: quella formativa, quella del successo, a Londra e nei teatri di tutto il mondo, e quella familiare, a Vico Equense. Violetta Elvin, di tutto questo, non ha perso niente. Non c’è una cesura con la cultura della sua Grande Madre Russia, né con la cultura anglosassone, quella dell’alta società inglese, e neppure con la dimensione familiare. Nell’albergo di lusso di Fernando, “Le Axidie”, a Vico Equense, d’estate si riproduceva il Reform Club di Londra, l’esclusivo circolo di cui Violetta e il marito erano membri. Fernando fu un uomo così intelligente da secondare la moglie, da non renderla prigioniera nel luogo della bellezza naturale. Tornavano spesso a Londra, viaggiavano per il mondo, ospitavano, a Vico Equense, le grandi star della danza mondiale, i grandi imprenditori. Il console britannico, quando arrivava a “Le Axidie” diceva che quel resort fosse diventato la succursale dei grandi club inglesi. La professoressa ha anche evidenziato il tema del romanzo di formazione, perché Violetta rappresenta, certamente, un esempio per i giovani. Nelle precedenti presentazioni, specie i formatori e i docenti, hanno sottolineato questo aspetto: lei è un esempio di tenacia, di adattamento al nuovo. Arriva, in piena guerra fredda, a Londra, e Ninette de Valois le dice di non potersi più chiamare Violetta Prokhorova e, quindi, le consiglia di prendere, come nome d’arte, il cognome dell’allora marito, Harold Elvin. Lei obbedisce, si ritaglia un ruolo secondario, non mette mai il piede avanti a Margot Fonteyn, la stella del Royal Ballet. La professoressa, inoltre, ha confermato che, anche in questo romanzo, la tecnica narrativa, da me adoperata, rimane di ispirazione manzoniana, come nel romanzo storico, “Sorrento The Romance”, e in quello su Lucio Dalla, “Caruso The Song - Lucio Dalla e Sorrento”. Nella trilogia, tutto è trattato con la tecnica della verosimiglianza storica. Certo, ho registrato tante ore di materiale con donna Violetta, ma non è riuscita a riferirmi, in dettaglio, il contenuto dei veri colloqui, ad esempio, con la Callas. Quello che mi ha confessato, però, mi ha consentito di ricostruire, quanto la professoressa ha sottolineato. Grazie, professoressa Forgione, sono rimasto un allievo, molto piccolo, del Manzoni. Mi sono piaciute molto anche le osservazioni di Giuseppe Bocchino. Tutto il romanzo trova la sua emozionalità nel sogno finale. È chiaro che si tratta di un sogno: Violetta che torna a ballare, a novantadue anni, rappresenta una metafora. Baciata dal principe, ridiventa di nuovo diciottenne, come quando ballò “La bella addormentata” per la prima volta, e, guardando tra i palchi, rivede tutte le persone della sua vita, convincendosi, da quel complimento sussurrato dal marito, che la sua scelta è stata certamente quella giusta. Lei stessa me lo ha confermato. Nell’eBook, che leggerete a Natale, potrete leggere la varietà delle opinioni sulla scelta esistenziale di Violetta. Ciascuno l’ha interpretata, come meglio credeva, secondo le sue corde. Noi la celebriamo per questa scelta coraggiosa, e unica, e io ho ritenuto opportuno scriverci un libro. Quando il libro è uscito, lo hanno letto in tanti e molti sono rimasti sbalorditi per come io sia riuscito ad avvicinarmi alla dimensione artistica e umana di una donna. Io non pretendo di aver esaurito, con questo libro, il discorso sulla straordinarietà della donna, perché è notorio quanto vado affermando da tempo: gli uomini hanno rovinato il mondo e le donne, forse, forse potranno salvarlo. Ma solo le donne! Grazie a tutti. 

 

 

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