09/07/2017
Nell'imminenza dell'ottantesimo genetliaco del professor Salvatore Ferraro (sabato 15 luglio 2017), desidero rivolgergli pubblicamente gli auguri più fervidi e più affettuosi di lunga vita, di buona salute, di permanente operosità e di meritata serenità, insieme con la squisita moglie, i figli, tutti affermati professionisti, e gli amati nipoti, nonché quanti, numerosissimi, amici, conoscenti, estimatori, allievi, colleghi docenti, scrittori, saggisti e giornalisti, hanno avuto e hanno, tuttora, il privilegio di apprezzarne le doti morali, la profonda cultura, la sensibilità umana, il rigore intellettuale e la sconfinata conoscenza della storia e delle tradizioni di Vico Equense e della Penisola Sorrentina. Bibliofilo raffinato, umanista di rango rinascimentale, linguista puntiglioso, italianista irriducibile, docente illuminato di generazioni, marito e padre esemplare, cittadino innamorato perdutamente della terra sorrentina, il professor Ferraro appare subito, a chi lo conosce per la prima volta, un pozzo di sapienza, un intellettuale ottocentesco, un'ape operosa di biblioteca, un carattere un poco ruvido e spigoloso, ancorché uno straordinario ricercatore di preziosi documenti, come discepolo ideale di Bartolommeo Capasso e di Benedetto Croce. Conoscendolo, poi, bene, lo studioso disvela, oltre alle richiamate qualità culturali, una grande simpatia umana, una mente severa, ma aperta al confronto, per questo amatissimo dai suoi allievi, una personalità ricca, informata, aggiornata e documentata sulla vita amministrava locale e sulla politica nazionale e internazionale, come possono testimoniare i suoi amici dei conversati quotidiani, in Piazza Umberto I. Riesce persino a stupirti con le sue domande puntigliose sulle problematiche più complesse del nostro tempo, riguardanti internet, i new media, i social, la globalizzazione, la massificazione, la omologazione e il paventato abbandono degli studi classici da parte dei giovani. Vive, come un'angoscia personale, il pericolo che la digitalizzazione porti alla morte del libro cartaceo, del libro da toccare con mani, da accarezzare, da sfogliare e da gustare, pagina dopo pagina.
Per tutte queste ragioni, auspico che le amministrazioni locali, a partire da quella di Vico Equense, trovino il modo per esprimere una pubblica riconoscenza, un segno di gratitudine, ad un uomo generoso, il quale ha identificato, negli studi della classicità, la missione della sua esistenza, sempre pronto, disponibile ed entusiasta di condividerli con gli altri.
Per me, in più, Salvatore, oltre che parente ed amico da sempre, è stato e sono certo continuerà ad essere un maestro, una guida, un suggeritore di temi culturali, una fonte inesauribile di documenti, di libri, di saggi, di articoli di giornale, di notizie, di dettagli, di aneddoti e di consigli, ma anche un giudice implacabile, ma orazianamente sereno, dei miei eccessi di punteggiatura e del mio periodare ciceroniano. Senza di lui, le mie più recenti opere narrative sarebbero venute alla luce, monche o imperfette. Di questo, e non solo di questo, gli sarò sempre debitore, per cui agli auguri fraterni aggiungo i miei sentimenti di inestinguibile gratitudine.