01/02/2018

Pubblicato da Politica in Penisola, giovedì 1 febbraio 2018 - 20:20

Dopo la tragica fine del regime fascista e della seconda guerra mondiale, le elezioni politiche del 18 aprile 1948 segnarono un passaggio epocale della giovane democrazia italiana, nel quadro condizionante della guerra fredda e della divisione del mondo in due blocchi ideologici contrapposti: il democratico occidentale, legato agli Stati Uniti d’America, e quello comunista orientale, dominato dall’Unione Sovietica.
Il confronto elettorale, pur nel sostanziale ossequio alla legge fondamentale, la neonata carta costituzionale, si consumò senza esclusione di colpi tra i leader dei principali partiti contendenti, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, persino sul piano personale, creando, nonostante la conquistata libertà di espressione politica di uomini e donne, un clima di incertezza, di tensione e, non di rado, di scontro fisico tra i militanti.

Alcide De Gasperi

Alcide De Gasperi

Palmiro Togliatti

Palmiro Togliatti
Il chiaro esito elettorale, tuttavia, con la vittoria della DC, consentì al nostro paese di avviarsi, con la leadership politica e governativa di Alcide De Gasperi, sulla strada della ricostruzione morale ed economica dell’Italia. Sul fronte della principale opposizione politica, la ferrea leadership di Palmiro Togliatti garantì, pur nella durezza dei confronti parlamentari e, non di rado, di piazza, una normale dialettica democratica. Le qualità umane, forgiate nella lotta antifascista e nella guerra di liberazione, lo spessore intellettuale e il livello di cultura politica dei padri costituenti, dei leader e dei gruppi dirigenti dei maggiori, come dei minori partiti, persino della destra nostalgica, evitarono al paese la lacerazione di una guerra civile, precipitandolo in un abisso, senza ritorno.
Il 18 aprile 1948 rappresenta, quindi, per tutti, una data storica. Settant’anni dopo, anche il 4 marzo 2018 rischia di diventare una data storica, per premesse differenti e per prospettive pericolose, purtroppo.
Tenendo conto, infatti, delle dinamiche istituzionali, politiche, partitiche e parlamentari dei governi che si sono succeduti dagli anni Ottanta in poi, nell’arco di un quarantennio, con il passaggio dalla prima alla seconda repubblica, la crisi dei partiti ideologici tradizionali e di massa, l’emergere di nuovi movimenti antisistema, la devastante crisi finanziaria del 2007/2008, la conseguente lunga recessione economica, il crollo demografico e l’impotenza europea di fronte al fenomeno epocale dell’immigrazione, non stupisce il clima di incertezza dominante, diverso e peggiore del precedente, che caratterizza questa vigilia delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, per la prevedibile instabilità di governo, in cui, in base agli attesi risultati elettorali, sarà sprofondata la vita politica, mettendo a repentaglio gli interessi generali della comunità, l’identità nazionale e il futuro stesso della democrazia italiana.
Le cause? Il degrado manifestato dai vertici delle forze politiche nella composizione delle liste elettorali, arroccati nell’ottusa e miope autodifesa di personali interessi di potere, le leadership in campo, “dimezzate”, “insignificanti” o “inesistenti”, i programmi elettorali contraddittori, confusi e del tutto irrealizzabili, gli slogan strumentali e irresponsabili, il ruolo dei Social e della “feccia” digitale, mirata alla distruttiva e volgare demonizzazione di qualsiasi valore o ideale condiviso. In breve, la cecità e l’inadeguatezza etico-politica e culturale dell’intera classe politica italiana. Nessuno escluso. Da cui discendono il distacco progressivo dalla politica attiva, la mancanza di partecipazione dei giovani, la crescente sfiducia del corpo elettorale nei confronti dei rappresentanti dei partiti e la delegittimazione delle istituzioni rappresentative, nazionali ed europee, evidenziata dal crescente astensionismo.
I prevedibili risultati tripolari, che usciranno dalle urne, sanciranno, per ogni singola forza politica e per ciascun gruppo parlamentare, l’impossibilità di formare una coesa maggioranza parlamentare, un governo solido, in grado di affrontare le riforme non più rinviabili e i gravi problemi del paese, come la lacerante povertà diffusa, ormai a livello di dissoluzione del tessuto sociale. Da cui, il difficile ruolo decisionale del Capo dello Stato di fronte alla prospettiva di un secondo scioglimento delle Camere, con riflessi immediati sul complesso quadro economico-finanziario e sui fragili equilibri dei nostri conti pubblici, l’aborto della lieve ripresa economica in atto e la diffusione, a livello collettivo, di uno stato di paura e di impotenza. Un orizzonte oscuro e imprevedibile, foriero di conati insurrezionali. L’Italia cammina sul baratro!

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