22/03/2018
Sia il “grido di dolore” di Angelo Panebiaco sui pericoli che corre, oggi, in Italia, la democrazia rappresentativa, sia il “peana” di Davide Casaleggio, il canto di guerra e di vittoria al nuovo dio Apollo, cioè Internet, rivelano i medesimi limiti: l’astrattezza dei ragionamenti e il radicalismo delle opinioni
La nostra Costituzione, all’art.70, disciplina lo scioglimento anticipato delle Camere tra i poteri del Presidente della Repubblica. Si tratta, tuttavia, di un atto a partecipazione complessa anche se “sostanzialmente” presidenziale. Molti sono stati gli scioglimenti anticipati, sia negli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta, definiti dai costituzionalisti “prassi del periodo consensuale”, sia quelli del 1994, del 1996 e lo scioglimento della XV legislatura, definiti “prassi del periodo maggioritario” (1994-2008). Fino all’ultimo scioglimento anticipato deciso dal presidente Mattarella di intesa con tutte le forze politiche e che ha portato alle elezioni del 4 marzo scorso.
Bisogna distinguere, tuttavia, gli scioglimenti anticipati a carattere tecnico, in genere in coda di legislatura, dettati spesso da ragioni di calendario e di opportunità politica, da quelli che hanno interrotto la legislatura per mancanza di maggioranze parlamentari. Il caso più eclatante delle legislature “accorciate” riguarda la settima (1976-1979) che ebbe una durata di soli due anni e undici mesi. Alla vigilia dell’insediamento di domani del nuovo parlamento ci si interroga se la XVIII legislatura vincerà la gara, come la più breve di tutta storia parlamentare italiana, o riuscirà a proseguire fin quando possibile un cammino accidentato e pieno di incognite. I neo eletti, a riguardo, fanno gli scongiuri, ma le previsioni non sono ottimistiche.
LE ELEZIONI DEI PRESIDENTI DEL SENATO E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
Le elezioni dei presidenti del Senato e della Camera dei Deputati rappresentano il primo adempimento istituzionale della nuova legislatura affinché il Parlamento insediato possa iniziare a lavorare e il Presidente della Repubblica avviare il ciclo di consultazioni con i vertici delle istituzioni, i rappresentanti dei gruppi parlamentari e dei partiti politici, per la formazione del nuovo governo. I metodi di elezione dei due presidenti differiscono profondamente, dettaglio non trascurabile nell’attuale equilibrio politico-parlamentare.
L’elezione del Presidente del Senato, in base al regolamento, avviene a maggioranza assoluta dei voti dei componenti l’assemblea nei primi due scrutini. Nel terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei senatori presenti. Se anche nella terza votazione nessuno dovesse prevalere il Senato può procedere, nello stesso giorno, al ballottaggio fra i due candidati che abbiano ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti. Verrà proclamato eletto il candidato che consegue la maggioranza, anche se relativa. A parità di voti è eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età. Memorabile, il 16 aprile 1994, al quarto scrutinio il ballottaggio tra Giovanni Spadolini e Carlo Scognamiglio Pasini, vinto dal secondo per un solo voto, 162 a 161.
Diverso, invece, risulta il sistema di votazione per l’elezione del Presidente della Camera previsto dal regolamento di Montecitorio sempre a scrutinio segreto: risulta eletto, nella prima seduta, chi consegue la maggioranza con quorum dei due terzi dei componenti; nella seconda seduta, la maggioranza dei due terzi dei voti, computando tra i voti anche le schede bianche, e dalla terza seduta in poi a maggioranza dei presenti. Ad esempio, Gianfranco Fini fu eletto presidente della Camera al quarto scrutinio, il 30 aprile 2008, con 335 voti (maggioranza assoluta dei votanti richiesta: 306) della sua maggioranza di riferimento, il centrodestra.
Entro poche ore quindi, forse sabato stesso, avremo i nuovi presidenti: al Senato verrà eletto certamente un politico di centro destra; alla Camera dei Deputati un esponente del M5S, come richiesto. Per la Camera alta la scelta cadrà su un leghista, su un berlusconiano “puro” oppure su una personalità di compromesso tra Salvini e Berlusconi. Nel primo caso significherà il preannunzio di un’imminente rottura nella coalizione; nel secondo che Salvini avrà ceduto a Berlusconi per non scoprire le carte sul governo e, nel terzo, che avranno convenuto un “appeasement”, un accomodamento reciproco, con il rinvio del “redde rationem”.
Oltre all’appartenenza partitica, comunque, anche il profilo del presidente di centrodestra darà una risposta sugli equilibri (e sugli umori) all’interno della coalizione. Allo stesso modo il profilo del presidente pentastellato farà chiarezza sullo stato dei rapporti all’interno del movimento: Roberto Fico avrebbe un significato, un fedelissimo di Di Maio ne avrebbe un altro. Altre risposte su come si muove il “magma parlamentare” verranno dal numero e dai risultati degli scrutini, in termini di consensi, di schede bianche o di alleanze sotterranee e trasversali. Pochi indizi invece scaturiranno dalle vicepresidenze e dalla composizione degli uffici di presidenza perché, tranne qualche rara eccezione, si userà come da prassi il criterio della rappresentanza proporzionale dei gruppi e dei contrappesi, i “balances”.
Il 3 aprile, dopo la Pasquetta, Mattarella aprirà il “rito” delle consultazioni, secondo il calendario tradizionale, tirandola per le lunghe e chiudendo, in ogni caso, la finestra di giugno per eventuali nuove elezioni. Quale governo? Centrodestra con il sostegno del PD? M5S con il sostegno esterno del centro destra, Berlusconi compreso? M5S con il sostegno esterno del PD e altri? Governo Di Maio/Salvini? Meno probabile un governo con tutti dentro (Per far che? Una quadriglia?). Più probabile, se gli apparenti vincitori non trovassero una solida intes, tra di loro o con il PD un governo di profilo istituzionale nato da un incarico pieno, rinviato dal presidente alle Camere, per la fiducia, con un implicito aut aut ai gruppi: lo votate (o non lo sfiduciate?) oppure si va a nuove elezioni ad ottobre?
DI MAIO-SALVINI: UN GOVERNO SIMBOLICAMENTE “EVERSIVO”?
Secondo Angelo Panebianco, che ne ha scritto su “Il Corriere della Sera”, un governo M5S-PD sarebbe interpretato non solo dall’opinione pubblica di sinistra, ma anche dal centrodestra, come un “governo di sinistra”, un governo, quindi, “riconducibile entro binari collaudati”, interpretabile secondo le categorie del passato. Allo stesso modo, un governo di centrodestra-PD sarebbe interpretato, a contrariis, come “un governo di destra”. Entrambi, comunque, in grado di tranquillizzare perché confermerebbero lo schema simbolico sinistra-destra.
Un governo M5S e Lega, Di Maio-Salvini, invece, “scardinerebbe” lo schema, sarebbe interpretato come simbolicamente “eversivo” e manderebbe al macero, in un colpo solo, l’alternanza di governo pilastro delle democrazie occidentali, l’economia di mercato e la nostra appartenenza al mondo occidentale, spostando l’Italia nel cono d’ombra della Russia e dell’autocrazia putiniana.
In poche parole, il passaggio da una società aperta ad una società chiusa!
Consapevole delle divisioni e delle frammentazioni di quella parte di elettorato che non ha votato gli eversori, ma ha abbandonato i partiti tradizionali perché delusa dalla loro classe dirigente, l’autorevole commentatore evoca, inoltre, quasi invoca l’emergere di un nuovo leader, non frutto di cooptazione, cioè un Calenda di turno, in grado di affermarsi con le sue sole forze, come “un lupo, un predatore, aduso alle durezze della lotta politica, in grado di proporre al paese una visione futura alternativa a quella sostenuta dai nemici della società aperta”.
In poche parole un Macron all’italiana che aggreghi le “membra sparse” di un elettorato riconducibile alle rassicuranti formazioni del passato, allo schema sinistra-destra. Operazione difficile, conclude Panebianco, ma non impossibile.
Quest’analisi pecca di superficialità e di semplificazione perché prescinde dai cambiamenti reali, anche negativi, a carattere economico, sociale, culturale (la cultura digitale!) ed esistenziali che hanno attraversato, nel profondo, gli strati più disagiati della società italiana o, meglio, delle cosiddette “società” del Nord e del Sud d’Italia, a partire dagli strati giovanili. Mutazioni sfuggite al ceto politico tradizionale, certo non alla sociologia più accorta.
INTERNET OVVERO LA MORTE DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA?
Forse Panebianco si è lasciato suggestionare dalla lettura dell’articolo di Davide Casaleggio pubblicato sul Washington Post, dove viene ipotizzata la fine della democrazia rappresentativa e del potere dell’establishment con l’esaltazione della vera democrazia, quella digitale dove i cittadini possono esprimere direttamente la loro voce, grazie a Internet. “Il M5S è un vento inarrestabile, che continuerà a crescere perché appartiene al futuro”.
Forse Panebianco è rimasto inorridito quando il giovane guru ha definito il M5S come la prima compagine politica digitale al mondo, con obiettivi definiti dai cittadini non da partiti moribondi, con la missione di “porre fine alla corruzione, combattere l’evasione fiscale, ridurre le tasse, proteggere l’ambiente, migliorare l’istruzione e accelerare l’innovazione”.
Forse Panebianco è rimasto sconvolto a leggere dell’aspirazione del movimento ad un milione di iscritti e la previsione della scomparsa definitiva delle organizzazioni politiche e sociali attuali, nonché la morte della democrazia rappresentativa, democrazia che sarà strappata dal M5S alle aristocrazie del potere e restituita ai cittadini.
Mentre Casaleggio elevava il suo inno di lode alla democrazia digitale dilagava lo scandalo di Cambridge Analytica che ha coinvolto Facebook (Mark Zuckerberg ne ha assunto la piena responsabilità!) con l’accusa di aver manipolato milioni di profili di elettori per influenzare le elezioni presidenziali americane e il voto sulla Brexit, a testimonianza che la “rivoluzione digitale”, da grande conquista di libertà e di democrazia diretta, se non controllata nelle regole da rispettare e se finita in mani non affidabili può trasformarsi in un “mostro”, capace di uccidere la democrazia “tout court” e di annientare le fondamentali libertà dei cittadini.
A ben vedere, sia il “grido di dolore” di Panebiaco sui pericoli che corre oggi, in Italia, la democrazia rappresentativa, sia il “peana” di Casaleggio, il canto di guerra e di vittoria al nuovo dio Apollo, cioè internet, rivelano i medesimi limiti: l’astrattezza dei ragionamenti e il radicalismo delle opinioni. Senza contare che i venti, come tutte le forze della Natura, possono cambiare la direzione! Le votazioni di domani, in Parlamento, ricondurranno tutti alla cruda realtà!