24/04/2018
Pubblicato da Politica in Penisola - martedì 24 aprile 2018
Prende avvio il secondo incarico esplorativo (caso unico nella storia delle consultazioni!) affidato da Mattarella alla terza carica dello Stato, il presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, leader dell’ala ortodossa del M5S, con il compito, come da previsioni, di verificare una possibile intesa di maggioranza e di governo tra il M5S e il Partito Democratico. In questa fase, comunque, necessita fare una riflessione più approfondita su uno dei nodi centrali dell’attuale stagione politica, il futuro dell’alleanza di centrodestra, i cui sviluppi incideranno in maniera determinante sulla formazione di un nuovo governo e sulla stessa durata della XVIII legislatura.
Se e quando, in particolare, il leader della Lega Matteo Salvini, dopo la vittoria del centrodestra in Molise (anche se Forza Italia ha preceduto la Lega) e il prevedibile successo della Lega, domenica prossima 29 aprile, in Friuli Venezia Giulia, deciderà di liquidare definitivamente il tormentato rapporto con ,Silvio Berlusconi lanciando la proposta di un partito unico, sotto la sua leadership, e procedendo all’annessione, totale o maggioritaria, in Parlamento e su tutto il territorio nazionale, della nomenclatura forzista.
IL DISEGNO STRATEGICO DI SALVINI
Sul “se” non sussistono dubbi. Questo appare il suo disegno strategico, l’obiettivo ultimo per potersi presentare alle nuove elezioni politiche, sia che si terranno tra sei mesi o tra un anno, prima di quelle europee, come il leader della destra italiana con l’obiettivo di conquistare una maggioranza assoluta e di governare il paese senza alleati dell’antico regime (come Berlusconi) o alleati nuovisti, scomodi e competitivi (come Luigi Di Maio o chi per lui). Sapendo bene che, per ottenere una maggioranza assoluta, dovrà conquistare l’elettorato del centro moderato, la vecchia maggioranza silenziosa, Salvini smetterà progressivamente i toni più aggressivi del lepenismo d’Oltralpe preferendo presentarsi, pur sempre come uomo forte, determinato e decisionista, come un conservatore sociale con trascorsi ideologici di “comunista padano” e tre irrinunciabili stelle polari del suo appeal politico-elettorale:
salvaguardare l’identità nazionale italiana, minacciata dagli inquinamenti multirazziali, con la conseguente rigorosa politica di controllo delle frontiere dalle invasioni extracomunitarie e il rimpatrio di tutti i clandestini irregolari;
garantire la sicurezza dei cittadini, minacciati nelle loro vite e nei loro beni, quotidianamente, dalla microcriminalità e dalle diverse reti criminali, anche straniere, che gestiscono i traffici illeciti nel nostro paese;
sottrarre l’Italia ai condizionamenti normativi e ai vincoli di bilancio dei trattati dell’Unione Europea, che frenano il nostro sviluppo economico e mortificano l’ingegno, la creatività e la produttività imprenditoriale del genio italiano.
Nessuno può negare (sarebbe una idiozia per che aspira a leggere il tempo politico presente senza pregiudizi e con l’occhio rivolto al futuro!) che Salvini possegga il fiuto di un autentico animale politico, del quale i gesti, le espressioni utilizzate e, persino, le gaffe testimoniano la capacità di sentire la pancia del paese, i bisogni reali della gente comune e le paure della collettività. Riesce, infatti, ad armonizzarsi con quei sentimenti dettati dalla frustrazione, dalla rabbia, dall’insoddisfazione e dalla insicurezza del futuro, alla ricerca di una guida, di un risolutore e di un capo determinato cui affidarsi.
Il lombardo del Nord annusa le piazze affollate, anche quelle del Sud, ne avverte gli umori esasperati e ne placa i timori con proposte radicali, alternando blandizie e rassicurazioni, senza mai cedere sui punti fondamentali del suo progetto politico che continua a raccogliere adesioni e consensi: identità nazionale, sicurezza fisica e futuro economico.
Rammentino bene i suoi (pochi, scarsi e miopi!) competitori politici, presenti e futuri, che la determinazione e il fiuto di Salvini ricorderanno sempre più da vicino il gollismo della quinta repubblica francese piuttosto che il lepenisimo, abbandonato insieme con le proclamazioni euroscettiche (“A livello internazionale la priorità è sgretolare questo euro e rifondare questa Europa. Sì, quindi, alle alleanze anche con gli unici che non sono europirla: i francesi della Le Pen, gli olandesi di Wilders, gli austriaci di Mölzer, i finlandesi… insomma, con quelli dell’Europa delle patrie”), senza dover scomodare, escludendo inattuali paralleli storici, quelli del primo Mussolini di fronte alla crisi italiana, seguita alla prima guerra mondiale, e quello di Hitler di fronte alla decomposizione della Repubblica di Weimar.
D’altro canto queste virtù politiche di Salvini da “principe machiavellico” sono state già da lui sperimentate con:
la presa del potere nel partito e l’intuizione politica di sottrarlo al vincolo regionalistico, proiettandolo audacemente a livello nazionale, da Lega Nord a Lega, abbandonando anche le pittoresche sceneggiate dei riti celtici, “alle sorgenti del dio Po”;
l’epurazione progressiva (e, finora, incruenta) delle scorie del bossismo e del maronismo che, con gli scandali finanziari e giudiziari, avevano ridotto il partito ai minimi termini;
la presenza della leadership leghista sulla scena internazionale, intessendo rapporti con gli altri partiti della destra europea, alimentando alleanze in seno al Parlamento europeo dove ha trascorso ben tre legislature (VI, VII, VIII, fino al 23/03/2018) e stabilendo relazioni solidali con Vladimir Putin e la Russia.
SALVINI, IL TEMPOREGGIATORE
Sul “quando” Salvini regolerà i conti con Berlusconi, sussistono molti dubbi, specie dopo il risultato molisano. Se deciderà di procedere, dopo i risultati vittoriosi delle elezioni in Friuli Venezia Giulia, come Giulio Cesare il quale attraversò il Rubicone sfidando le due legioni del Senato, oppure preferirà continuare ad adottare la stessa tattica temporeggiatrice del console romano Quinto Fabio Massimo nei confronti dei cartaginesi di Annibale.
Chi ne conosce la biografia politica propende per questa seconda ipotesi, definendolo un temporeggiatore per eccellenza. Salvini, il temporeggiatore!
Salvini, infatti, ha alle spalle una storia politica fortemente strutturata e ideologizzata a sinistra, da frequentatore, a Milano, del centro sociale Leoncavallo e da fondatore, nella Lega Nord, della corrente dei “Comunisti Padani” (“C’è più sinistra nei programmi sociali delle destre europee, a tutela dei lavoratori, che in quelli degli eredi di Marx e del socialismo democratico”). Il suo ripudio assoluto della sinistra post marxista, incarnata oggi nel Partito Democratico, ha origini ideologiche profonde. Fortemente impegnato, fin da giovanissimo, come militante della Lega Nord (poi da segretario provinciale e da segretario federale) e nelle istituzioni (da consigliere comunale di Milano a europarlamentare e parlamentare nazionale), ha dimostrato di aver ben chiaro che le priorità e i condizionamenti della politica debbano tenere conto del fattore tempo, senza precipitazioni.
Per cui risulta, ad oggi, prevedibile, a meno che non intervengano fatti straordinari che il temporeggiatore padano continuerà:
a gestire l’aggressività e la successiva resipiscenza di Berlusconi contro il M5S (e, di fatto, contro la Lega), senza rompere ufficialmente il fronte di centrodestra che gli assicura, comunque, una leadership del 37 % e non del 17%;
a non cadere nella trappola delle sirene di Luigi Di Maio (“Salvini ed io faremo grandi cose”) nella duplice consapevolezza: 1) da solo si consegnerebbe mani e piedi al leader pentastellato, in un ruolo subordinato, bruciando le sue prospettive politiche future; 2) i programmi della Lega e del M5S sono, nonostante gli sforzi di fantasia degli accademici, al 90% inconciliabili (un contratto di programma, quindi, sarebbe necessariamente minimalista e indefinito, al contrario di quello tedesco) ;
a far lavorare i suoi colonnelli ai fianchi della nomenclatura forzista, assicurandosi che sia pronta a cambiare casacca in corso d’opera, anche se Salvini preferirebbe raccogliere le spoglie elettorali di Berlusconi in una competizione elettorale piuttosto che imbarcare i reduci del berlusconismo, nonostante le fila dei filosalviniani di Forza Italia si vanno ingrossando, di giorno in giorno, e fremono per salire sulla scialuppa di salvataggio leghista.
SALVINI NON FARÀ LA FINE DI FINI
Quanto sopra premesso Salvini non farà la fine di Gianfranco Fini, non forzerà la mano e saprà attendere il dissolvimento progressivo di Forza Italia per ereditarne le spoglie elettorali, evitando il prevedibile bombardamento mediatico berlusconiano con l’accusa di “tradimento”. Se riuscirà, tuttavia, nonostante gli ultimatum temporali di Di Maio, a varare un governo con il M5S, a carattere paritario e con il cambio di premiership a metà legislatura (la staffetta Salvini/ Di Maio), il passaggio alla Lega dei notabili di Forza Italia, sconcertati dalle continue oscillazioni tattiche di Berlusconi, attualmente in stand by e sottotraccia subirà una forte accelerazione e verrà allo scoperto.
Si sussurra, in Transatlantico, che i colonnelli di Salvini tengano costantemente aggiornato il quadro delle pre-adesioni dei forzisti e che ne informino il loro leader. La tattica temporeggiatrice di Salvini riesce, inoltre, ad evitare traumi alle giunte regionali del Nord e alle alleanze già chiuse per la conquista dei comuni alle elezioni amministrative di giugno.
Il disegno strategico di Salvini, in conclusione, appare chiaro mentre il “quando” e il “come” restano ancora incerti, condizionati dagli sviluppi della crisi per la formazione del nuovo governo per qualche giorno in mano al presidente della Camera dei Deputati, anch’egli con un background di sinistra.
I CIGNI NERI DELL’AUSTRALIA
Le previsioni ottimistiche di Matteo Salvini, a medio termine, appaiono realistiche e il lombardo non ne fa mistero con i suoi fedelissimi, a partire dal primo “consigliere del principe”, Giancarlo Giorgetti. Nella speranza (per lui!) che non subiscano la stessa sorte di altre previsioni di Salvini, fatte nel 2008, quando, rispondendo alla domanda su quando si sarebbe laureato in Scienze Storiche (gli mancano solo 5 esami e la tesi), ebbe a sentenziare: “Prima arriverà la Padania Libera, poi la mia laurea”.
A meno che anche Salvini, riguardo al suo futuro politico e alle sue strategie per la conquista del potere, non sarà costretto a scoprire, a causa della imprevedibilità della storia (a differenza della natura, la storia non striscia, ma salta!), che esistono anche i cigni neri, non solo quelli bianchi. Come capitò di scoprire agli europei, quando giunsero per la prima volta in Australia, dopo una credenza durata secoli.