18/05/2018
Pubblicato da Politica in Penisola il 18/05/2018
In questo penultimo week-end di maggio, dopo una settimana rocambolesca di altalenanti trattative, di rodomontate leghiste (basta, o si chiude o si va alle elezioni!) e di enfatiche, quanto eroicomiche rassicurazioni pentastellate (ci siamo quasi, quasi ci siamo, un attimino, mancano solo le virgole e i congiuntivi, lasciateci lavorare che stiamo scrivendo la Storia!), si attende l’ennesima (si spera, per carità di patria, anche l’ultima!) ascesa al Colle dei leader del M5S e della Lega, Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Si nutrono, tuttavia, ancora dubbi se, per lunedì, i due “bari” ce la faranno:
– a indicare al Capo dello Stato il nome, tanto atteso, del futuro presidente del Consiglio dei Ministri, tra Di Maio che insiste su se stesso e Salvini che gli preferisce un re-travicello pentastellato;
– a chiarire la ripartizione tra gli alleati dei ministeri-chiave, con i profili dei futuri responsabili dei rispettivi dicasteri;
– a consegnare l’ultima copia, fresca di scrittura, magari rimaneggiata fino all’ultimo minuto, dell’ormai celeberrimo “Contratto per il Governo del Cambiamento”.
Intanto, in queste ore della vigilia, i seguaci antisistema dei due cosiddetti leader affolleranno i gazebo per discutere dei contenuti della imminente rivoluzione giallo-verde, prima di esprimere il loro scontato assenso, a voce, per iscritto oppure, on line, sulla piattaforma Rousseau, peraltro ancora non immune dagli attacchi degli hacker (Jean-Jacques si starà rivoltando, al Panthéon di Parigi, nella sua tomba!).
I NUOVI PATRIOTI E IL CONTRATTO “ALL’ARRABBIATA”
Sono scontati gli entusiasmi, gli applausi e gli hurrah degli aficionados del Nord e del Sud, i nuovi patrioti (copyright by Alessandro Di Battista, sempre in partenza per la sua missione straordinaria nelle Americhe, con i mezzi pubblici, altro Cristoforo Colombo con le tre caravelle!), per le misure previste nel contratto di ben 40 pagine, con più di venti punti, frutto sudato della migliore intelligenza grillo-leghista, una sorta di “somma teologica” del populismo e del sovranismo: un contratto “all’arrabbiata”!
Un documento storico (si fa per dire!), che consentirà di rivoltare le istituzioni, nazionali, europee e internazionali, come un calzino, abolendo gli ignobili privilegi delle caste, le interferenze degli euroburocrati che hanno ostacolato, per anni, lo sviluppo del nostro paese e, piano piano, anche l’odiata moneta comune, il famigerato euro, che tanta miseria ha seminato tra le famiglie nostrane.
E, in particolare, gli adepti condivideranno i futuri impegni di governo, in materia economica, in grado, a dire dai redattori, di restituire all’Italia un ruolo di primo piano tra le nazioni del mondo:
– l’abolizione degli squilibri previdenziali introdotti della “maledetta” legge Fornero, additata dal fustigatore lombardo al ludibrio e allo scherno popolare, insieme con la sua malcapitata autrice, stanziando 5 miliardi di euro per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse e varando per l’uscita dal lavoro la quota 100, la sommatoria dell’età e degli anni di contributi (ultime invettive all’indirizzo della professoressa Elsa Fornero!);
– l’introduzione del reddito di cittadinanza, concessa graziosamente dal maghetto campano, come misura attiva rivolta ai cittadini italiani al fine di reinserirli nella vita sociale e lavorativa del paese: 780 euro mensili (grida di tripudio nelle piazze della Campania, della Puglia, della Calabria e della Sicilia!);
– il varo della flat tax con due aliquote fisse sul reddito delle persone fisiche (15% e 20%) e una per le imprese (15%), che ripristinerà, a detta di Salvini, la giustizia fiscale, eliminerà l’evasione e rilancerà l’economia (entusiasmo incontenibile tra gli imprenditori e i benestanti del Nord!);
– la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia che comporterebbe l’aumento delle aliquote IVA e delle accise (euforia generale delle famiglie e delle imprese!).
LA TEMERARIETÀ DELLA SFIDA ECONOMICA E LA MAREA DELLE ILLUSIONI
Prescindendo, per ora, da un giudizio di merito sulla validità, sulla compatibilità finanziaria e sulla fattibilità di questi annunziati provvedimenti governativi, fino a quando non avranno superato il severo vaglio di Mattarella e non saranno stati presentati, con l’assunzione della responsabilità politica, dal nuovo premier al Parlamento ricevendone con la fiducia l’approvazione, nessuno esponente della nomenclatura del M5S e della Lega spiegherà agli avventori dei gazebo il “come” e il “quando” queste misure potranno essere realizzate, generando una marea di attese, di aspettative e di illusioni che, alla lunga, si rivolterà contro chi le ha propalate.
In tal modo, nell’immaginario di queste persone, siano esse padri di famiglia, lavoratori dipendenti, commercianti, artigiani, imprenditori, neo-pensionati o giovani disoccupati, la maggior parte delle quali recepisce i messaggi propagandistici in buona fede, diventeranno incomprensibili “nemici”: lo spread, che ha già toccato i 160 punti; il debito pubblico, che ha già superato i 2300 miliardi; il rapporto deficit/PIL quasi al margine; le preoccupazioni di Bruxelles; i vincoli derivanti dei trattati europei e l’elevato costo del contratto in termini di risorse da reperire, allo stato non disponibili, per un importo non inferiore ai 150 miliardi di euro (mica bruscolini!).
IL NODO DELLA POLITICA ESTERA E I PERICOLI PER LA SICUREZZA NAZIONALE
Nonostante la temerarietà della sfida economica giallo-verde, che sembra tenere in non cale le cannoniere ormai in azione sul mercato finanziario, per il nuovo governo Di Maio-Salvini, ribattezzato come il Salvimaio (meglio sarebbe chiamarlo il Salvimai!) il nodo cruciale, per il battesimo parlamentare, per l’esordio sulla scena internazionale e per il prosieguo del suo cammino, riguarderà principalmente la politica estera, le alleanze tradizionali, le relazioni con gli USA, l’appartenenza alla NATO, la collaborazione con i servizi segreti occidentali e con le intelligence dei paesi alleati, le informazioni coperte da segreto, i nulla osta di sicurezza dei membri del governo e i rapporti con la Russia di Putin, la cui strategia, esplicita ed occulta (finanziamenti, sostegno degli hacker russi) nei confronti dei partiti populisti e sovranisti europei appare chiara.
Le prime avvisaglie della tempesta in arrivo non sono mancate in questi giorni con l’intervento dell’ambasciatore USA, a Roma, che lascia trasparire come la preannunziata cancellazione delle sanzioni alla Russia, presente nel contratto gialloverde, potrebbe diventare un iniziale punto di rottura della solidarietà atlantica e la messa in crisi della NATO, negli obblighi di difesa comune (art. 5 del Trattato) i cui costi prevalenti sono ancora a carico degli USA. Tantomeno possono essere trascurati gli allarmi francesi nei confronto del M5S e della Lega, forze “eterogenee e paradossali” che si alleano su un progetto, di cui non si conoscono i dettagli.
L’Italia potrebbe trovarsi, in pochi giorni, completamente isolata, tagliata fuori dalla solidarietà informativa occidentale, esposta pesantemente nella sua sicurezza fisica, negli suoi interessi nazionali, anche all’estero, e nella stessa continuità democratica, con rischi che farebbero impallidire quelli economici.
Una crisi economico-finanziaria, come quella del 2011, associata all’isolamento politico-diplomatico dell’Italia, rispetto alla alleanze tradizionali che hanno garantito, per decenni, pace e sicurezza al nostro paese, provocherebbe una crisi di sistema con sbocchi drammatici.
MATTARELLA, UNICO BALUARDO. NESSUN APPEASEMENT
Di fronte al silenzio di buona parte della stampa nazionale, di un troppo diplomatico Silvio Berlusconi e di un frastornato PD su questi pericoli imminenti, resta come unico baluardo il controllo di merito che il presidente Mattarella avrà il diritto-dovere di esercitare sulla nascita del nuovo governo, sulla premiership, sul “profilo” dei ministri strategici (Interni, Esteri, Difesa ed Economia) e sui contenuti del contratto che passeranno nel programma di governo, senza timore di aprire anche un conflitto istituzionale e di appellarsi alla comunità nazionale e internazionale. Sappiamo bene quali mostri ha prodotto, in passato, la politica dell’appeasement, dell’arrendevolezza e dei fragili accomodamenti con i dichiarati nemici della democrazia rappresentativa.