28/05/2018
Pubblicato da Politica in Penisola il 28/05/2018
Tentare di sintetizzare, evitando di cadere nella propaganda intollerante e nella faziosità dominante (con la folla degli hater che ha ripreso le campagne di odio sul web, supportata dalla manipolazione, presente e futura, degli hacker russi), gli eventi politici dell’ultima settimana, la crisi istituzionale in atto, con la richiesta di impeachment per il Capo dello Stato e le prospettive del governo del presidente guidato da Carlo Cottarelli, rappresenta un compito difficile e arduo, tuttavia non impossibile, per chi si è sempre sottratto alle manipolazioni, alle semplificazioni e alle falsificazioni della realtà.
IL PREVEDIBILE E DRAMMATICO SBOCCO DELLA CRISI
D’altro canto i pochi, ma attenti lettori di questo diario politico dovrebbero essere avvertiti che lo sbocco drammatico della democrazia italiana, in atto, pur paventato, era nell’ordine delle cose, per una serie di cause pregresse e di accadimenti successivi:
– una legge elettorale, il “Rosatellum”, frutto di compromessi al ribasso, che ha svolto la “mission” di paralizzare la vita politica e di impedire la governabilità del paese;
– una campagna elettorale, definita benevolmente “la fiera dei ciarlatani”, condotta da tutte le forze politiche in un clima diffuso di rabbia e di rancore, antistituzionale e antisistema, con promesse inattuabili mirate soprattutto a “rubare” il consenso con l’inganno degli elettori;
– la completa paralisi post-elettorale, caratterizzata: da una finta alleanza di centrodestra dominata da Matteo Salvini con una strategia anti Berlusconi; dalla effimera vittoria del M5S, con la politica dei “due forni” praticata da Luigi Di Maio per spaccare prima il rapporto Salvini-Berlusconi e poi per assestare il colpo definitivo ad un PD sconfitto, confuso, litigioso e in preda al solito “cupio dissolvi” della sinistra;
– l’emergere, dopo due estenuanti mesi e più di trattative, anche sotterranee, di una travagliata ipotesi di “governo politico” tra i due presunti vincitori delle elezioni del 4 marzo, Di Maio-Salvini, i vecchi e implacabili nemici che si accordano, tra provocazioni e ricatti reciproci, su un “Contratto per il Governo del Cambiamento” anch’esso inattuabile, contraddittorio e rischioso per gli equilibri economico-finanziari del nostro paese;
– la fine dell’attendismo dei mercati finanziari e dei “padroni” del nostro debito pubblico, con un primo risultato della perdita di 200 miliardi, in una sola settimana, e dello spread schizzato oltre il differenziale 200, prossimo al punto di non ritorno;
– lo scontro sulla premiership tra Di Maio e Salvini, con il risultato di indicare per la guida del governo un cattedratico Giuseppe Conte, un non-politico, un mero “esecutore” del contratto, che si presenta come “l’avvocato degli italiani”; contro se stesso premier, dimentichi entrambi delle polemiche condotte in passato contro i tecnici e incapaci di assumersi la più importante responsabilità di un governo politico, in prima persona (responsabilità che sarebbe toccata, nella logica del consenso conseguito, il 32% rispetto al 17%, al capo politico del M5S, Luigi Di Maio);
– la spartizione dei ministeri, con un approccio predatorio da far impallidire il vituperato “Manuale Cencelli”, propagandata come sintomo di competenza e di volontà di “cambiare il mondo”, di “scrivere la Storia” e di correggere, in un baleno miracolistico, tutte le nefandezze delle caste e del passato regime per la felicità, la serenità e il quieto vivere dei cittadini italiani;
– il continuo ed esasperante ricorso, minuto per minuto, ai Social per lanciarsi, tra i protagonisti, reciproci avvertimenti, provocazioni, ricatti e per intimidire il presidente della Repubblica costretto a seguire non solo i comizi e le dichiarazioni alla stampa, ma la sarabanda dei post e dei tweet, per cercare di capire gli umori e le “arrabbiature”, mattutine o serali, degli interpreti di questa lunga tragicommedia;
– l’imposizione esplicita, senza se e senza ma, al Capo dello Stato, per via mediatica, di un ministro dell’Economia e delle Finanze il quale, dopo una più che quarantennale e specchiata carriera in tutti gli apparati dello Stato e dell’economia, governativi, bancari e finanziari internazionali, espressione la più compiuta della “casta” tanto avversata si presenta, in saggi scientifici e in testimonianze pubbliche, come il pianificatore antieuro e viene percepito, all’estero, come l’avversario dichiarato dell’Unione, della moneta unica e del paesi alleati;
– il ricatto pubblico di Salvini, ad ogni ora del giorno e della notte, di non volere accettare, sul punto, mediazioni e, in alternativa, di chiedere le elezioni anticipate (Giorgetti, il suo braccio destro, al MEF, non andava bene? Non era abbastanza rappresentativo? Oppure avrebbe costretto la Lega ad assumersi responsabilità dirette nella politica economico-finanziaria e impedito il vero disegno strategico di Salvini: andare al voto, con il favore dei sondaggi, aspirando al 40%; prosciugare ulteriormente Forza Italia; mettere all’angolo o liquidare definitamente Berlusconi, nonostante la possibile ricandidatura, e guidare, infine, da par suo, il governo, alla faccia dei grillini);
– la richiesta di impeachment di Mattarella, da parte di Di Maio, rappresenta una mossa disperata per coprire tutti i suoi personali fallimenti politici di questi mesi, un tentativo improvvido di recuperare il consenso del “Colosseo digitale”, altro che Rousseau, e l’illusione di poter così contenere la rivalità del suo principale competitore interno (Alessandro Di Battista, il rivoluzionario, infatti, ha già disfatto le valigie ed è pronto a scendere in campo e a conquistarsi il ruolo di futuro capo politico del M5S).
L’ERRORE DI MATTARELLA
Sulla linearità del comportamento di Mattarella e sull’aver il Capo dello Stato agito nel rispetto assoluto della nostra Costituzione, per quanto riguarda le prerogative presidenziali nella formazione del governo, non esiste alcun dubbio, a meno di non essere in mala fede, suggestionati dalla ignobile propaganda grilloleghista che vuole farlo passare come un usurpatore di poteri e un traditore della volontà espressa dal popolo. Se un errore Mattarella ha commesso è stato quello di aver atteso troppo tempo a scoperchiare il “gioco sporco” di Salvini. Andare alle elezioni per passare all’incasso, con l’alibi di essere stato impedito a governare e puntando le cannoniere elettorali contro il Quirinale, creando così il nuovo bersaglio da colpire essendo quello di Renzi ormai inefficace, out of order!, un drappo rosso da agitare davanti agli occhi degli elettori imbufaliti, un’autentica trappola. Questo errore, tuttavia, ha delle attenuanti: la preoccupazione del presidente di tornare alle urne con la stessa legge elettorale: la necessità di una manovra di assestamento per evitare gli aumenti dell’IVA e delle accise; il rischio di un esercizio provvisorio, devastante per la nostra economia in lieve ripresa; l’assenza di un governo autorevole ai tavoli europei e internazionali. La pazienza di Mattarella, purtroppo, non è stata premiata. Testimonia, comunque, anche agli immemori, agli illusi e agli increduli, della sua volontà di far nascere il governo Conte-Di Maio-Salvini. Il Governo Cottarelli, invece, ci porterà alle urne nella speranza che il popolo italiano riesca, questa volta, a guardare in faccia alla dura realtà, senza cadere di nuovo vittima degli inganni elettorali.
BERLUSCONI, NOVELLO PONZIO PILATO O STATISTA, COME VANTA DI ESSERE?
In queste ore drammatiche per la storia della nostra repubblica, tutti coloro che hanno sinceramente a cuore la carta costituzionale, la democrazia e le intangibili prerogative del Capo dello Stato, unico baluardo istituzionale contro progetti eversivi, sottaciuti agli elettori e covati nell’ombra, hanno il dovere di uscire allo scoperto e di schierarsi a sostegno della nostra più alta magistratura, oggetto di miserabili attacchi e di richieste illegittime. A partire da Silvio Berlusconi, il quale non può rimanere inerte e deve chiudere definitivamente l’alleanza con Matteo Salvini, nel rispetto del suo elettorato moderato che niente ha da spartire con gli estremismi della Lega. Si ricandidi e dimostri di non essere un novello Ponzio Pilato, ma lo statista che vanta di essere. Chiami a raccolta il suo tradizionale elettorato e abbandoni Salvini al suo destino, estremista e lepenista che, nel migliore dei casi, lo porterà al 25%, costringendolo ad allearsi con Di Battista, un osso più duro del malleabile Di Maio. Non cada Berlusconi, quindi, nella fallace illusione che, con una vittoria del centrodestra, nel caso la coalizione arrivasse al 40%, Salvini gli consentirebbe di ritornare alla guida del governo. Il problema non riguarda la fiducia o meno da concedere al Governo Cottarelli, ma la fiducia nel futuro del nostro paese.
IL FUTURO GOVERNO POSTELETTORALE ALLA LUCE DEL SOLE
Molti hanno obiettato alla solidarietà verso Mattarella (#iostoconMattarella), con l’argomentazione che il presidente della Repubblica, impedendo la nascita del governo, sovranista e populista, abbia coartato la volontà espressa dagli italiani, cioè il voto di 17 milioni di cittadini. È un argomentazione infondata, strumentale e falsa. Non risulta che Di Maio e Salvini abbiano mai sottoposto la loro alleanza di governo e un programma comune, il 4 marzo scorso, al corpo elettorale, neppure in via ipotetica. Nessuna delegittimazione, quindi, è stata posta in essere. Lo potranno agevolmente fare, Di Maio o Di Battista e Salvini, nella prossima campagna elettorale, peraltro già iniziata, avendo a disposizione anche il contratto comune del celebrato cambiamento. Se saranno premiati dagli elettori, come coalizione o anche come ipotetici futuri alleati di governo, avranno tutto il diritto di governare e di dimostrare di che cambiamento si tratti, il loro: un cambiamento in meglio o in peggio? Ma trasparente, alla luce del sole.
NON RINUNZIARE MAI A LOTTARE PER LA DEMOCRAZIA
Nonostante i prossimi mesi costituiranno un autentico “calvario” per la nostra malconcia democrazia, non è consentito a chi ama la libertà, a chi crede nella democrazia rappresentativa, non a quella digitale, a chi non si lascia irretire dalle promesse o dalle minacce e a chi non si nasconde dietro i muri dell’omertà e della vigliaccheria, rinunziare a mettersi in gioco, a lottare per la democrazia e a lavorare per evitare all’Italia il “no turning back” dal baratro in cui siamo caduti.