09/05/2021
di Raffaele Lauro
Come sentenziava Giulio Andreotti, le commissioni parlamentari di inchiesta si istituiscono quando non si vuole accertare fino in fondo la verità e servono soltanto a fare fumo e a prendere tempo, sperando che il popolo dimentichi. Nonché, per la loro composizione, ad edulcorare eventuali responsabilità, istituzionali, politiche, partitiche e personali, penali e civili. Ecco perché appare intempestiva e sospetta una commissione di inchiesta sui gravissimi errori commessi nella gestione della pandemia, istituita da questo parlamento. Per diversi ordini di ragioni: 1) la pandemia e la campagna vaccinale generale sono ancora in corso e imporranno ulteriori misure, auspicabilmente risolutive, certo non prima delle prossime elezioni politiche, che si terranno nel 2022 o, al più tardi, nel 2023: 2) una commissione di inchiesta, varata da questo parlamento, diventerebbe ostaggio di una campagna elettorale, ancora più rissosa, odiosa e falsata di quella del 2018; 3) le prossime elezioni politiche cambieranno radicalmente la geografia parlamentare, peraltro con una rappresentanza ridotta, modificando, quanto non cancellando, partiti, movimenti e leadership ancora in campo, nonché i rapporti di forza tra quelli che sopravviveranno al ciclone elettorale; 4) le urne partoriranno, prevedibilmente, nuove proposte politiche e nuovi protagonisti, non compromessi con il presente; 5) le ferite, i danni, le sofferenze e i dolori per le vittime innocenti, che gridano vendetta e chiedono giustizia, sopportati dagli italiani, in questa legislatura, come cittadini, come famiglie e come imprese, non saranno facilmente obliati, al contrario costituiranno la motivazione delle scelte del corpo elettorale. Nulla sarà più come prima. Soltanto il nuovo parlamento, quindi, uscito dal lavacro democratico, potrà istituire una commissione di inchiesta, veramente indipendente e in grado di accertare la verità, senza manipolazioni, e le responsabilità, politiche e personali, per quanto accaduto.